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11 Maggio 2015

L'alunno con disabilità: non ospite 
ma utente con parità di diritti nella “Buona” scuola di tutti

Chi “ha più bisogno” non deve essere considerato alla stregua di un “ospite” nella scuola comune, ma farne parte a pieno titolo, con le dovute attenzioni e le risorse necessarie. Il parere del Gruppo LEDHAscuola.

Sta per finire l’anno scolastico. Ma nel dibattito su “La buona scuola” e perfino nelle motivazioni degli scioperi indetti in questi giorni contro il Disegno di Legge 2994, che è stato presentato a fine marzo alla Camera, lo spazio riservato al tema della disabilità è quasi inesistente. Sembra che di questo argomento non si occupi nessuno, salvo quando si parla di assunzioni o si dibatte sul ruolo del personale di sostegno. Dal centro alla periferia. Agli alunni e studenti con disabilità e alle loro famiglie, noi, come Associazioni di Persone con Disabilità, continuiamo invece tenacemente a dare voce, affinché non siano considerati ospiti, a volte inattesi, se non addirittura "incidenti di percorso" nella scuola pubblica, ma ne facciano parte a pieno titolo. 

Come LEDHAscuola ci siamo battuti perché i principali obiettivi del Progetto di Legge “Norme per migliorare la qualità dell'inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con altri bisogni educativi speciali” , promosso dalle Federazioni FISH-FAND a giugno del 2014, entrassero a far parte del Progetto di Legge governativo sulla riforma della scuola, ma nel contempo abbiamo presidiato nei territori la realizzazione, nei fatti e non solo a parole, dell’inclusione scolastica.

Un brutto segnale è stato il mancato coinvolgimento di famiglie di alunni con disabilità e delle loro associazioni nel dibattito regionale su “La buona scuola”: nessuno spazio per gli interventi non “programmati” all’incontro milanese del 12 novembre 2014 cui doveva presenziare il ministro all'istruzione, Stefania Giannini.  La rappresentante di LEDHAscuola in quell’evento, Carla Mondolfo (presidente dell'Associazione nazionale subvedenti) voleva plaudire alla stabilizzazione dei precari, ma nel contempo far presente che l’inclusione scolastica,  forse unica  vera “eccellenza” della scuola italiana nel panorama internazionale, non può dirsi scontata e realizzata una volta per tutte, se non viene resa attuabile con le risorse adeguate e con un necessario rinnovamento, che prenda atto delle criticità e delle trasformazioni intercorse dai primi passi della sua realizzazione.


Ma le è stato impedito in quella occasione di parlare.  Avrebbe voluto dire che in Lombardia l’organico degli insegnanti di sostegno è al di sotto del fabbisogno e con una percentuale troppo alta di insegnanti non specializzati, con l'inevitabile discontinuità didattica che ne consegue. Che la carenza delle risorse a disposizione dei Comuni impedisce agli stessi di garantire in misura adeguata i servizi di trasporto ed assistenza educativa indispensabili per molti alunni con disabilità che frequentano le scuole primarie e secondarie di primo grado. Avrebbe poi voluto ricordare che la Legge 56/2014 (la cosiddetta Delrio) ha avviato un processo di radicale riordino delle Province, dimenticandosi però di specificare a chi, come e con quali risorse sarebbero passate le competenze alla persona ad esse delegate dalle Regioni, tra cui l’assistenza alla comunicazione agli studenti con disabilità sensoriale e l’assistenza educativa e il trasporto agli studenti del secondo ciclo.


Dell’alunno e dello studente con disabilità, non ospite occasionale ma utente a pieno titolo della scuola di tutti, nell’incontro regionale sulla riforma della scuola nessuno quindi ha potuto parlare: non solo delle carenti risorse umane e materiali all’interno delle scuole, ma anche della  grave penuria di specialisti nelle strutture sanitarie pubbliche (Uonpia) per la certificazione e ancor più per la riabilitazione dei minori in età evolutiva che frequentano le scuole; dell’inattuata progettazione individualizzata degli interventi, con la realizzazione del Progetto di vita come momento non burocratico ma di incontro e di riflessione di tutte le parti in causa; del mancato aggiornamento obbligatorio dei docenti curricolari sulle tematiche dell’inclusione; dell’inesistente valutazione della qualità del processo di integrazione scolastica nelle singole scuole e della deriva della scuola verso la performance individuale, l'apprendimento di nozioni e la standardizzazione anche delle modalità di insegnamento e valutazione, che rendono ancor più difficile la costruzione di una scuola che sappia rendere protagonisti anche gli alunni e gli studenti con disabilità.


In un evento destinato (sulla carta) a promuovere la partecipazione di famiglie, studenti e lavoratori della scuola e a raccogliere i loro suggerimenti sulla proposta di riforma della scuola, sarebbe stato utile ricordare il ruolo di “garante dell’offerta formativa” che le Linee Guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità attribuiscono al Dirigente Scolastico, delineandolo come figura-chiave nella riorganizzazione del sistema scuola per l’inclusione, e sottolineare al contrario come la sua inerzia o la sua passività nell’operare concrete azioni a favore dell’inclusione siano segnali di grave inadempienza, che deve trovare il giusto riscontro nella valutazione del suo operato.

Sarebbe stato importante in quell’occasione chiedersi anche come mai esistano ancora scuole speciali, dopo quasi 40 anni dall’accoglienza ufficiale degli alunni con disabilità nelle scuole comuni (L. 517/1977) e come mai giungano a questa scelta, sofferta ma percepita spesso come unica ancora di salvezza, numerose famiglie con figli con grave/gravissima disabilità a cui la scuola di tutti chiude le porte o non sa offrire un serio progetto educativo.

Sempre nei territori, dove ci si confronta con la scuola vissuta e non solo immaginata, ci siamo attivati per dare partecipazione (e vita) agli organismi interistituzionali, dai GLHO sul singolo alunno, ai GLI scolastici, ai Gruppi di Lavoro Interistituzionali provinciali (GLIP) e regionale (GLIR).
Un esempio significativo: su segnalazione di famiglie e associazioni, abbiamo sollevato a dicembre la questione della certificazione per gli studenti che intendevano iscriversi nelle scuole superiori o negli Enti di formazione professionale regionali a cui, a nostro parere impropriamente, alcune scuole chiedevano di “ripassare” al Collegio di accertamento collegiale, ma né la Direzione Famiglia della Regione Lombardia, né l’Ufficio Scolastico Regionale si sono degnati di rispondere alle nostre plurime richieste di chiarimenti, nonostante i ripetuti solleciti del Difensore Civico Regionale di supporto alle nostre istanze.

Abbiamo ottenuto che questo ed altri importanti temi relativi all’inclusione, tra cui l’assistenza educativa, venissero dibattuti nel GLIR, che ci sembrava l’ambito più idoneo ad affrontare queste tematiche regionali, ma ci siamo scontrati con un muro di gomma: il GLIR si è riunito una sola volta e ora, per mancanza di un Presidente e in attesa della riorganizzazione dell’Ufficio Scolastico Regionale, nessuno lo convoca e soprattutto nessuna istituzione esprime pareri e si assume la responsabilità di una scelta o di una presa di posizione chiara e costruttiva.
Stessa scarsa convinzione dell'effettiva utilità di simili occasioni di confronto interistituzionale traspare dalle sempre più rare convocazioni dei GLIP provinciali, uniche occasioni di confronto e di concertazione a livello provinciale tra tutte le istituzioni (Ufficio Scolastico Territoriale, Enti Locali, Azienda Ospedaliera, ASL) e le Associazioni di persone con disabilità o altri bisogni educativi speciali.

Sembra passato un secolo e invece sono appena passati sei anni da quando nelle Linee Guida per l’Integrazione scolastica del 2009 si attribuiva agli Uffici Scolastici Regionali “un ruolo strategico ai fini della pianificazione/programmazione/governo delle risorse e delle azioni a favore dell'inclusione scolastica degli alunni disabili”, con un’azione di coordinamento e indirizzo finalizzata alla stipula di Accordi di programma regionali, alla creazione dei GLIR per dare linee di indirizzo comuni e coordinamento a livello regionale ai GLIP provinciali ed alla organizzazione di attività di formazione per dirigenti e per tutto il personale della scuola sui temi della "presa in carico complessiva dell'alunno disabile da parte del sistema scuola”.

L’inclusione ai nostri giorni non è evidentemente un tema di attualità e non è un argomento “caldo” per la politica, forse perché alunni e studenti con disabilità rappresentano tutto sommato una “minoranza”. Sta a noi affiancarli, se necessario anche in sede legale, promuovendo instancabilmente la cultura dei diritti, senza rinunciare a parlare, come diceva il nostro Franco Bomprezzi, non solo alla testa ma anche al cuore delle persone.

Gruppo LEDHA Scuola
Milano, 7 maggio 2015

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