Il commento dell'avvocato Gaetano De Luca (Servizio Legale LEDHA) sui campi di applicazione del nuovo indicatore equivalente della condizione reddituale.
La recente riforma dell’Isee ad opera del Dpcm 5 dicembre 2013 n. 159, entrata in vigore da pochi mesi e pienamente operativa dal 1 gennaio 2015, pur elimando e superando il controverso principio dell’Isee singolo riconosciuto dalla precedente normativa a favore delle persone con grave disabilità, ha comunque riservato un regime particolare a tutti i beneficiari di prestazioni agevolate di natura socio-sanitaria.
La particolarità di questo regime sta nel fatto che, per accedere a questo tipo di prestazioni, la compartecipazione al costo del servizio può essere quantificata facendo riferimento ad un nucleo familiare più “ristretto” rispetto a quello preso in considerazione dall’Isee ordinario. Per coloro che accedono alle prestazioni agevolate di natura socio-sanitaria, l’art. 6 del Dpcm 159.2013 prevede infatti che il nucleo familiare del beneficiario, cui fare riferimento per il calcolo dell’Isee, sia composto solo dal coniuge e dai figli.
È evidente come questo particolare regime consenta di fatto alla maggior parte delle persone con disabilità che usufruiscono e necessitano di servizi socio-sanitari, di compartecipare al costo dei servizi sulla base del solo Isee individuale, in quanto spesso non coniugati e senza figli. Risulta pertanto molto importante capire quale sia il concreto campo di applicazione di tale regime agevolato.
Abbiamo visto come il Dpcm riservi la regola dell’Isee riferito ad un nucleo familiare ristretto alle sole prestazione agevolate di natura socio-sanitaria. Ma quali sono i servizi e le prestazioni che possono essere concretamente ricondotte a questa tipologia di prestazioni?
La risposta la troviamo nello stesso Dpcm 159.2013. L’ articolo 1 infatti in primo luogo definisce questo tipo di prestazioni come le “prestazioni sociali agevolate assicurate nell’ambito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria rivolte a persone con disabilità e limitazioni dell’autonomia”.
Si tratta di una definizione analoga a quella adottata dalla precedente normativa Isee per delimitare il campo di applicazione del principio dell’Isee singolo (art. 3 comma 2-ter del Dlgs 109.1998), definizione che la giurisprudenza consolidata aveva già ritenuto potesse ricomprendere non solo le prestazioni socio-sanitarie maggiormente caratterizzate dalla componente sanitaria, ma anche le prestazioni socio-sanitarie la cui componente sociale fosse di fatto prevalente (tra le tante si prenda in considerazione Consiglio di Stato, ordinanza 3065 del 12.6.2009, Tar Brescia 13.7.2011 n. 1048, Tar Milano 1823.2013)
Rispetto alla definizione di prestazione socio-sanitaria adottata dalla precedente normativa Isee peraltro il Dpcm 159.2013 aggiunge, proprio per evitare un eventuale contenzioso sulla concreta riconducibilità di alcune prestazioni a questa categoria, una chiara esemplificazione di alcune prestazioni e servizi.
La nuova riforma chiarisce appunto che devono essere ricondotti e considerate prestazioni socio-saitarie ai fini Isee:
1. gli interventi di sostegno e di aiuto domestico familiare finalizzati a favorire l’autonomia e la permanenza nel proprio domicilio;
2. gli interventi di ospitalità alberghiera presso strutture residenziali e semiresidenziali, incluse le prestazioni strumentali ed accessorie alla loro fruizione, rivolte a persone non assistibili a domicilio;
3. gli interventi atti a favorire l’inserimento sociale, inclusi gli interventi di natura economica o di buoni spendibili per l’acquisto di servizi.
Da un punto di vista legale e normativo è evidente quindi come sia lo stesso Dpcm a non limitare il campo di applicazione del c.d. Isee ristretto alle sole prestazioni sociosanitarie strettamente intese, ma ad estenderlo anche alle prestazioni sociali, laddove siano inserite in percorsi di natura socio-sanitaria. Il percorso assistenziale integrato che rileva ai fini Isee pertanto comprende anche le prestazioni sociali che precedono, affiancano e seguono un intervento prettamente socio-sanitario, in quanto finalizzate nel complesso a tutelarne la salute dei suoi beneficiari.
Un altro supporto normativo a questa lettura della definizione di prestazioni socio-sanitarie ai fini Isee ci viene fornito dalla stessa nozione di prestazione socio-sanitaria fatta propria dalla normativa generale di riferimento del nostro Servizio Sanitario Nazionale. L’art. 3 septies del Dlgs 502.1992 riconduce alla nozione di prestazioni socio-sanitarie infatti non solo le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale (tutte le attività finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite e acquisite), ma anche le prestazioni sociali e rilevanza sanitaria, ovvero tutte le attività del sistema sociale che hanno l’obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute.
È stato poi lo stesso atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie (approvato con Dpcm 14 febbraio 2001) a specificare nel dettaglio quali possano essere concretamente le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria. Facendo un elenco tra cui vengono espressamente menzionati proprio gli interventi di sostegno e di aiuto domestico familiare finalizzati a favorire l’autonomia e la permanenza nel proprio domicilio di persone non autosufficienti, gli interventi di ospitalità alberghiera presso strutture residenziali e semiresidenziali di adulti e anziani con limitazione dell’autonomia, non assistibili a domicilio, gli interventi, anche di natura economica, atti a favorire l’inserimento sociale di soggetti affetti da disabilità o patologia psicofisica.
Si tratta dello stesso elenco fatto dall’art. 1 del Dpcm 159.2013. Andando ad analizzare l’elenco delle prestazioni evidenziate nella tabella allegata allo stesso atto di indirizzo del 2001 si può notare come la nozione di prestazione socio-sanitaria non sia in alcun modo legata all’esistenza e/o consistenza della quota sanitaria a carico del Servizio Sanitario pubblico, ma prescinde completamente da essa. Le stesse prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, ricondotte espressamente dalla normativa nella definizione di prestazioni socio-sanitarie, sono pacificamente da sempre di competenza dei Comuni e non ricevono alcuna quota sanitaria.
Peraltro già in relazione alla precedente normativa Isee, con riferimento ad un caso di compartecipazione al costo di un CSE, la giurisprudenza aveva ritenuto applicabile il principio di evidenziazione della situazione economica del solo assistito anche ai servizi definiti dalla normativa regionale come socio-assistenziali, evidenziando chiaramente che: “La distinzione fra attività sociosanitarie integrate e prestazioni o servizi sociali o assistenziali non destinate alla generalità dei soggetti o comunque collegate nella misura o nel costo a determinate situazioni economiche non assume alcun rilievo nel quadro dell’art. 3, co. 2-ter del D.lgs. n. 109 del 1998 che àncora le modalità di contribuzione al costo della prestazione, alla situazione economica del solo assistito” (Consiglio di Stato 12 giugno 2009, Ordinanza. n. 3065).
È chiaro quindi come la normativa attuale, quella passata e la giurisprudenza abbiano voluto riservare alle persone con disabilità che necessitano di questa tipologia di servizi un regime di contribuzione agevolato che va incontro alla loro peculiare condizione di oggettivo svantaggio, regime che è finalizzato ad evitare situazioni di emarginazione sociale e facilitare il raggiungimento di una maggiore inclusione sociale. La ratio della normativa sulla compartecipazione infatti non è quella di differenziare la compartecipazione al costo favorendo i servizi che già godono di un contributo sanitario, ma quella di garantire un equa compartecipazione alle persone con disabilità a tutti quei servizi finalizzati alla loro inclusione sociale e non discriminazione.
La regola dell’Isee ristretto quindi si applica a tutti i servizi attualmente offerti dal sistema del welfare lombardo destinati alle persone con disabilità, inclusi quelli che la Regione Lombardia considera di carattere prettamente socio assistenziale, come l’assistenza domiciliare, i Centri socio educativi (CSE), i Centri per la formazione all’autonomia (SFA), nonché qualsiasi altra prestazione finalizzata a favorire l’inclusione sociale, come ad esempio i contributi per la vita indipendente. Occorre infine ricordare come l’Isee ristretto debba essere applicato, in virtù di un espresso richiamo dell’art. 1 Dpcm 159.2013, anche alle prestazioni strumentali ed accessorie, come ad esempio il trasporto e la mensa.
Avv. Gaetano De Luca – Servizio Legale Ledha