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26 Marzo 2012

Alla Scala con la scuola: il parere legale di Ledha

L’Avvocato Gaetano De Luca commenta il caso di Alessia, ragazza con disabilità, oggetto di condotta discriminatoria da parte del Teatro alla Scala.

 

"La vicenda che vede coinvolta una ragazza con grave disabilità in carrozzina allontanata dal Teatro Alla Scala rappresenta indubbiamente un caso di evidente discriminazione compiuta per motivi di disabilità, oltre che una situazione contrastante con la normativa in materia di eliminazione delle barriere architettoniche.

Dal resoconto della madre, recatasi con la figlia presso lo storico teatro milanese insieme alla classe per partecipare ad una uscita scolastica già programmata da tempo, risulta che al momento dell'ingresso la responsabile del coordinamento tra la Scala e le scuole abbia fatto presente che, essendo disponibili solo due posti riservati alle carrozzine, sarebbe stato meglio avvisare della presenza di una carrozzina per evitare di essere respinti per mancanza di posti.

Già questo aspetto costituisce indubbiamente un trattamento sfavorevole generalizzato causato dalla condizione di disabilità (discriminazione diretta) dovuto peraltro ad una violazione della normativa anti-barriere (art. 5.2 Decreto Ministeriale 236.1989) che impone alle sale per spettacoli almeno due posti riservati a persone con ridotta capacità motoria per ogni 400 (con un minimo di due) e almeno altri due spazi liberi riservati per le persone su sedia a rotelle, predisposti su pavimento orizzontale, con dimensioni tali da garantire la manovra e lo stazionamento di una sedie a ruote, sempre ogni 400 posti (con un minimo di due spazi liberi).

Secondo i responsabili del teatro la presenza di due posti disponibili riservati alle carrozzine sarebbe sufficiente a rispettare la normativa anti-barriere. In realtà non è così. Dal sito del Teatro (www.teatroallascala.org) infatti emerge come i posti disponibili siano più di 2000 e pertanto i posti riservati alle persone con disabilità (tra posti a sedere e spazi per carrozzine) dovrebbero essere almeno ventiquattro.

L'insufficiente ed inadeguata predisposizione di posti riservati alle persone con disabilità oltre che a costituire una specifica violazione della normativa sull'eliminazione delle barriere architettoniche costituisce anche un generalizzato trattamento sfavorevole che le persone possono subire per motivi connessi alla loro disabilità. Questa omissione costituisce peraltro anche una mancata predisposizione di un accomodamento ragionevole, che la Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità riconduce al concetto di discriminazione (art. 2 e 5).

Fortunatamente questa potenziale discriminazione di carattere collettivo non ha concretamente coinvolto la ragazza che di fatto è stata invitata ad accomodarsi nello spazio riservato alle carrozzine. Sennonché le circostanze descritte dal resoconto della madre evidenziano che tale spazio non era adeguato, in quanto era posto in fondo alla sala (non consentendo una visione insieme ai suoi compagni) ed inoltre presentava una pendenza che non consentiva alla carrozzina di rimanere in una posizione bilanciata e quindi sicura.

Anche in questo caso siamo di fronte ad un trattamento differenziato riservato solo alle persone con disabilità, le quali non sono messe nelle condizioni di vedere lo spettacolo insieme e come gli altri. Anche questa condotta rappresenta una discriminazione diretta.
Il Teatro si è difeso sostenendo che queste posizioni dei posti riservati sono imposte da esigenze di sicurezza e da prescrizioni della Sovraintendenza alle Belle Arti. Insomma a parere dei responsabili del Teatro ci troveremmo di fronte a possibili cause di giustificazione al divieto di discriminazione per motivi di disabilità. A questo proposito è importante ricordare come la Legge 67.2006 non preveda alcuna causa di giustificazione al divieto di discriminazione (a differenza della normativa antidiscriminatoria sul posto di lavoro).

Inoltre qualche anno fa il Teatro alla Scala ha subito una ristrutturazione totale e pertanto risulta davvero difficile sostenere che in quel contesto sia stato tecnicamente impossibile realizzare un numero di posti riservati maggiore ed un collocamento più idoneo a rispettare il principio di uguaglianza e delle pari opportunità. Insomma qualsiasi Teatro non può giustificare eventuali discriminazioni commesse a danno delle persone con disabilità evidenziando semplicemente il fatto che si tratta di un teatro sotto tutela storica. Occorre dimostrare invece di aver fatto davvero tutto il possibile per evitare di realizzare un luogo di spettacolo discriminante.

Quanto infine all'allontanamento della ragazza dalla platea a causa dei "vocalizzi" emessi come modalità espressiva delle emozioni che stava vivendo, se da una parte è vero che anche una persona con disabilità pur grave è tenuta a rispettare le regole di un teatro e a non pregiudicare l'ascolto e la visione dello spettacolo degli altri spettatori, è altrettanto vero che la condizione di disabilità impone (da un punto di vista sia morale che giuridico) una certa tolleranza e solidarietà. Lo "spazio di tolleranza" cui sono tenuti i consociati va rapportato alle circostanze del caso concreto e va determinato in modo ragionevole. Si rientra anche in questo caso nel concetto di accomodamento ragionevole, imposto dalla Convenzione Onu.

E' evidente come la posizione intransigente della responsabile del Teatro non ha tenuto conto della particolare situazione in cui si è svolta la vicenda, ovvero uno spettacolo destinato ai giovani e agli anziani. E' difficile immaginare che una platea composta da ragazzi sia riuscita a seguire lo spettacolo rispettando l'assoluto silenzio. Anzi sono molte le testimonianze che potrebbero confermare come in altre parti del Teatro vi fossero diversi rumori e vocalizzi provocati dai numerosi ragazzi presenti senza che gli addetti alla sala abbiano preso iniziative simili a quelle adottate nei confronti della persona con disabilità.

E' indubbio pertanto che anche questa condotta (l'allontanamento della ragazza dalla platea) sia da qualificarsi come una discriminazione diretta, in quanto una persona con disabilità e stata trattata meno favorevolmente di quanto presumibilmente sarebbe stata trattata una persona non disabile in situazione analoga.

Si tratta di un classico esempio di comportamento discriminatorio determinato da pregiudizi e paure nei confronti della disabilità.
Tutte le condotte (anche semplicemente omissive) del Teatro alla Scala sopra evidenziate possono pertanto senza dubbio essere qualificate come discriminatorie e quindi essere ritenute un comportamento illegittimo in quanto in contrasto con la Legge 67.2006 che vieta qualsiasi tipo di discriminazione.

Dal punto di vista della singola persona con disabilità discriminata, i genitori della ragazza, nella loro qualità di rappresentanti legali della minore, potranno proporre un ricorso antidiscriminatorio ex Legge 67.2006 per chiedere la cessazione delle discriminazione, la cessazione dei loro effetti nonché chiedere il risarcimento dei danni subiti.

La discriminazione di carattere collettivo costituita dal generale insufficiente numero di posti riservati ai disabili (e alla loro inadeguatezza) potrà invece essere contrastata da una Associazione legittimata ad agire ex Legge 67.2006 attraverso un ricorso antidiscriminatorio, senza peraltro la necessità di avere alcuna delega da parte dei singoli cittadini con disabilità.

Occorre infine evidenziare come in giurisprudenza siano oramai sempre più numerosi i provvedimenti dei Tribunali che accertano e riconoscono un comportamento discriminatorio nel non garantire alle persone con disabilità l'accesso a cinema, teatri, mezzi di trasporto o ad altri servizi/luoghi aperti al pubblico.

 

Avv. Gaetano De Luca - Servizio Legale Ledha

 

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