Un documento dell'Avvocato Trebeschi traccia un quadro aggiornato sulla questione della partecipazione al costo dei servizi soci-sanitari.
Partecipazione al costo dei servizi socio-sanitari integrati a favore di disabili gravi. Evoluzione normativa e attuazione art. 3 co. 2 ter D.Lgs. 109/1998
A cura di Franco Trebeschi*
Come da accordi, trasmetto alcune osservazioni sull'evoluzione della normativa in materia di partecipazione al costo dei servizi sociosanitari a favore di disabili gravi.
In questi ultimi anni, la situazione è profondamente mutata e ritengo che l'Amministrazione possa superare i dubbi a suo tempo sollevati, circa l'applicabilità del principio della partecipazione al costo dei servizi in base alla situazione economica del solo assistito sancito dall'art. 3 co. 2 ter D.Lgs 109/1998: tali disposizioni, infatti, avrebbero dovuto applicarsi nei limiti stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri per la solidarietà sociale e della sanità e sulla base delle indicazioni contenute nell'Atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 3-septies, co. 3 D.Lgs. 502/1992, e successive modificazioni, ma il primo dei due D.P.C.M., non ha poi visto la luce.
Pur non condividendo tali dubbi - la p.a. non è tenuta solo ad un rispetto formalistico della legge, ma deve uniformare la propria attività anche alle finalità della legge, e queste, nel caso di specie, già emergono inequivocabilmente e senza necessità di ulteriori specificazioni - si deve ritenere che, ora, la disciplina degli oneri relativi alle alle prestazioni sociali agevolate assicurate nell'ambito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno o continuativo, rivolte a persone con handicap permanente grave indicate all'art. 2 co. 2 ter D.Lgs 109/1998, non presenti più lacune, avendo avuto la sua - ancorché imperfetta - attuazione, da parte della Regione.
Le D.G.R. 12620/2003 e 14039/2003, infatti, hanno definito l'unità di offerta della RSD, definita come una tipologia di servizio residenziale sociosanitario per persone con disabilità, le D.G.R. 18333/2004 e 19874 hanno definito l'unità di offerta della CSS, Comunità Socio Sanitaria, ovvero la Comunità Alloggio Socioassistenziale autorizzata al funzionamento che, essendo disponibile all'accoglienza di persone adulte con grave disabilità prive del sostegno familiare ed essendo stata scelta dall'utente come sua dimora abituale sia accreditata al sistema sociosanitario regionale ed infine le D.G.R. 18334/2004 e 19874/2004 hanno individuato, sempre all'interno del sistema sociosanitario regionale l'unità di offerta del CDD, Centro Diurno integrato per persone Disabili, unità di offerta semiresidenziale per disabili gravi.
Ora, il principio dell'evidenziazione della situazione economica del solo utente è stato introdotto con il D.Lgs 130 del 3.5.2000, che in un primo tempo, affidava la disciplina attuativa ad un successivo, mai adottato, D.P.C.M. e all'Atto di indirizzo in materia di presatazioni sociosanitarie integrate, approvato con D.P.C.M. 14.2.2001.
Già la successiva L. quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali n. 328 dell'8.11.2000, però, innovava sulla competenza ad emanare la normativa di attuazione, attribuendo, a sensi dell'art. 8 co. 3 lett. g) L. 328/2000, alle Regioni la definizione dei criteri per la determinazione del concorso da parte degli utenti al costo delle prestazioni, sulla base dei criteri determinati ai sensi dell'articolo 18, comma 3, lettera g) ovvero tenuto conto dei princìpi stabiliti dal D.Lgs 109/1998. sensi dell'art. 25 co.1 L. 328/2000, infatti, la verifica della condizione economica del richiedente deve essere effettuata secondo le disposizioni previste dal D.Lgs. 109/1998, come modificato dal D.Lgs 130/2000.
Come chiarito dal Consiglio di Stato (Cons. Stato, 3454/2004) la L. 328/2000 contiene disposizioni che inducono a ritenere che tale testo abbia inteso vincolare le regioni, nell'emanare la disciplina di competenza sui servizi sociali agevolati, al sistema ISEE. Si legge infatti nell'art. 8, co. 3, lett. l) che spetta alla regione determinare la determinazione dei criteri per la determinazione del concorso da parte degli utenti al costo delle prestazioni, sulla base dei criteri determinati ai sensi dell'art. 18, comma 3, lett. g). Tali criteri debbono essere determinati tenuto conto dei principi stabiliti dal d.lgs n. 109 del 1998, che, come è noto, ha introdotto il sistema ISEE.
Con la medesima sentenza il Consiglio di Stato ha messo in luce la prevalenza dei principi della legislazione statale anche sull'eventuale legislazione regionale contrastante posto che dal punto di vista dei rapporti tra fonti, la circostanza che la Regione abbia esercitato, una propria competenza legislativa concorrente, non implica che la sopravvenienza di una legislazione statale nuova, destinata a regolare in via generale l'accertamento della situazione economica dei richiedenti ai fini della fruizione dei servizi sociali agevolati, determini un problema di legittimità costituzionale della normativa regionale per contrasto i nuovi principi della materia. Tale ipotesi ricorre quando la legge regionale si ponga in contrasto con principi di legge statale già presenti nell'ordinamento. In tal caso, il problema, pur va risolto nel senso dell'abrogazione della legge regionale (Cons. Stato, 3554/2004)
Con D.P.C.M. 14.2.2001 (Pubblicato in G.U. 6.6.2001 n. 129) è stato approvato l'Atto di indirizzo in materia di prestazioni sociosanitarie integrate, ovvero, il secondo dei provvedimenti attuativi indicati dall'art. 3 co. 2 ter. D.Lgs. 109/1998.
Con tale provvedimento è stato puntualmente definito quali siano le prestazioni sociali agevolate assicurate nell'ambito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria, e in che misura gli oneri sono riferibili alla SSN ovvero ai Comuni.
Dalla tabella allegata è evidente che i servizi CSE-CDD, CRH-RSD, Comunità Alloggio-CSS e SFA, indipendentemente dalla quota sanitaria in concreto attribuita, vadano considerati prestazioni socio-sanitarie integrate.
L'Atto di indirizzo, ha, però, anche confermato l'indicazione della L. 328/2000: a sensi dell'art. 6 co. 2, spetta alla Regione definire i criteri per la definizione della partecipazione alla spesa degli utenti in rapporto ai singoli interventi, fatto salvo quanto previsto per le prestazioni sanitarie dal D.Lgs. 124/1998 e per quelle sociali dal D.Lgs. 109/1998 e successive modifiche e integrazioni.
La stessa tabella allegata al D.P.C.M. 14.2.2001, peraltro, nel ripartire gli oneri tra sanità e assistenza, tra SSN Comuni fa salva la partecipazione al costo dell'utente (Significativamente, anche qui, il riferimento è all'utente e non al nucleo familiare) prevista dalla disciplina regionale e comunale.
L'irreversibilità di tale scelta è stata infine suggellata dalla riforma del titolo V della Costituzione, di cui alla L.cost. 18.10.2001 n.3, che ha affidato alla competenza concorrente la materia della tutela della salute, e alla competenza esclusiva del legislatore statale i Livelli Essenziali di Assistenza che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.
La disciplina dei servizi socio-sanitari integrati rientra, con ogni evidenza, nella materia della tutela della salute (C. Cost. 31.3.2006 n. 134 ha chiarito come la competenza legislativa concorrente concernente la "tutela della salute" sia «assai più ampia» rispetto alla precedente relativa all'"assistenza ospedaliera"), anche se vista la sostanziale trasposizione del D.P.C.M. 14.2.2001 nel D.P.C.M. 29.11.2001 i servizi socio-sanitari integrati sono stati, praticametne tutti, inclusi tra i Livelli essenziali di Assistenza.
E'pacifico che spetti allo Stato la determinazione dei principi fondamentali nelle materie di competenza concorrente previste dall'art. 117, co. 3 Cost - qualora non ne siano stati formulati di nuovi, la legislazione regionale deve svolgersi nel rispetto di quelli risultanti anche dalla normativa statale in vigore (C.Cost. 5.4.2006 n. 153, C.Cost. 31.3.2006 n. 134)
Come si è visto la Regione ha ormai completato la disciplina delle prestazioni sociosanitarie integrate a favore di disabili gravi riferibili al sistema sociosanitario regionale.
Non si può più quindi evidenziare l'esistenza di lacune normative, bensì, si tratta di chiedersi se la disciplina regionale sia conforme o meno ai principi generali stabiliti dalla legge statale e se la p.a. debba uniformarsi alla norma primaria o alla norma secondaria difforme: se cioè, i regolamenti comunali, in caso di difformità debbano rispettare la disciplina regionale o la legge statale.
Sul punto, in dottrina e in giurisprudenza è ormai consolidato l'orientamento (Definito da C. Stato, Sez. VI, 26.1.1999 n. 59, ma recepito anche da T.A.R. Brescia 27.1.2001 n. 38) in base al quale, in virtù del principio di gerarchia delle fonti, nel caso in cui una stessa fattispecie venga disciplinata in modi diversi da una fonte di normazione primaria e da una fonte di normazione secondaria, la norma di rango secondario deve considerarsi recessiva.
Ed invero, vi è un'esigenza, immanente nell'ordinamento, di legittimità sostanziale e non meramente formale dell'azione amministrativa, che ormai trova sicuri riscontri normativi anche nella nuova disciplina del procedimento amministrativo introdotta con la L. 7.8.1990 n.241, come modificata dalla L. 11.2.2005 n.15 e dal D.L. 14.3.2005 conv. in L. 14.5.2005 n.80 (T.A.R. Cagliari 2.8.2005 n. 1725).
Venendo nel dettaglio la D.G.R. 14039/2003 è quella che maggiormente esplicita le indicazioni dell'art. 3 co. 2 ter D.Lgs 109/1998: senza alcun riferimento alla situazione economica del nucleo familiare prevede che la compartecipazione sia a carico degli utenti e/o dei Comuni, e, in particolare, chiarisce per gli ex ospiti degli IDR la retta a carico dell'utenza debba essere pari, esclusivamente, all'ammontare dell'assegno di accompagnamento e di quota-parte dei redditi personali dell'ospite.
Anche la D.G.R. 19874/2004, più sinteticamente, non prevede alcun riferimento alla situazione economica del nucleo familiare, ma, con riferimento ai CDD, dispone la compartecipazione al costo da parte dei Comuni e/o degli utenti venga definita una retta unica da parte dell'ente gestore, mentre con riferimento alle CSS la compartecipazione al dei Comuni e/o degli utenti venga definita, da parte dell'ente gestore una retta per ogni ospite destinatario di voucher sociosanitario di lungoassistenza depurata dell'entità economica riconosciuta per il profilo corrispondente.
E' quindi evidente che di tali delibere non è possibile dare una lettura difforme dalla legge statale sovraordinata, e che il riferimento alla compartecipazione al costo degli utenti, trattandosi di prestazioni sociali agevolate assicurate nell'ambito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno o continuativo, rivolte a persone con handicap permanente grave, possa, legittimamente, essere inteso in maniera conforme al principio sancito dall'art. 3 co. 2 ter D.Lgs 109/1998 di evidenziare la situazione economica del solo utente.
* Avvocato. Consulente Anffas Brescia