L'Avv. Gaetano de Luca, Servizio legale LEDHA commenta il recente pronunciamento della Suprema Corte Amministrativa sul delicato tema della compartecipazione alla spesa
Il tema della compartecipazione da parte degli utenti al costo delle prestazioni sociali e socio-sanitarie di cui beneficiano è stato nuovamente affrontato da una recente pronuncia della Suprema Corte Amministrativa che ha ribadito i principi affermati dalle precedenti numerosissime sentenze dei diversi Tar regionali.
Si tratta dell'ordinanza del 14 settembre 2009 n.4582 con cui il Consiglio di Stato ha respinto l'appello di un Comune lombardo il cui comportamento era stato ritenuto illegittimo dall'ordinanza 8 maggio 2009 n. 581 del Tar Milano.
Questo provvedimento del Consiglio di Stato è molto importante in quanto non solo ha confermato la tesi espressa (più volte) dal Tar Milano secondo cui "in base all'art. 3 comma 2 ter, ai fini della determinazione delle modalità di contribuzione al costo delle prestazioni sociali agevolate in favore di persone con handicap permanente grave bisogna tenere conto della situazione economica del solo assistito e non già quella del suo nucleo familiare", ma ha anche aggiunto che "i precetti recati nel decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 109 sono preordinati al mantenimento di livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che debbono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi e per gli effetti dell'art. 117 (comma 2 lettera m) costituzione italiana".
Questa affermazione ha un'incidenza molto forte su tutte quelle normative regionali che di fatto prevedono delle modalità di compartecipazione al costo dei servizi socio-sanitari difformi dalla normativa nazionale Isee (dlgs 109/1998 come modificato dal Dlgs 130/2000), in quanto significa affermarne la sostanziale illegittimità costituzionale per contrasto con l'art 117 costituzione che affida allo Stato la definizione e disciplina dei Lea.
L'affermazione del Consiglio di Stato consente quindi di riibadire come il tema della compartecipazione al costo dei servizi socio-sanitari sia strettamente legato con il diritto alle cure sanitarie (art. 32) e all'assistenza sociale (art. 38) ovvero con il ruolo dello Stato (attraverso le sue diverse articolazioni) di garantire una risposta ai bisogni dei cittadini che si trovano in difficoltà.
In altre parole il tema della compartecipazione al costo dei servizi viene ritenuto una parte del generale ruolo pubblico di presa in carico, e quindi non può essere regolato con modalità che di fatto lo "privatizzano" attraverso ad esempio il sistema dei buoni.
I principi affermati nella nostra Costituzione quindi non consentono alle Regioni di utilizzare la potestà esclusiva residuale in tema di servizi sociali per introdurre modalità di compartecipazione che spostano la responsabilità economica dell'intervento assistenziale dai servizi pubblici ai familiari e agli enti gestori.
Questa visione giuridica (dei rapporti normativa regionale/normativa statale) è stata peraltro già affermata da una precedente ordinanza del Tar Milano (28 novembre 2008 n. 836) che, nel ritenere illegittima la prassi del comuni di rivalersi e chiedere contributi ai parenti perché vietata da una precisa norma di legge (art. 2 comma 6 Decreto Legislativo 109/1998), ha poi aggiunto "Sulla disciplina della rivalsa non sembra aver inciso l'art. 8 comma 1 della LR 12 marzo 2008 n. 3, che contiene un generico riferimento ai soggetti civilmente obbligati secondo le normative vigenti. Questa appare del resto l'unica interpretazione costituzionalmente orientata, in quanto diversamente la legge regionale avrebbe invaso la potestà legislativa statale sui rapporti di diritto privato".
Avv. Gaetano De Luca - Servizio Legale Ledha