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17 Febbraio 2009

Io, il mio involucro, la mia volontà

La riflessione di Franco Bomprezzi, pubblicata in "Francamente", nel numero di Vita di questa settimana

Penso in questi giorni al mio corpo, che non è esattamente come lo avrei voluto, o come lo avevano sognato i miei genitori. Penso ai miei cinquantasei anni di convivenza con l'involucro, accettandone consistenza e forme, stranezze e difetti, ma rimanendo, nel complesso, insoddisfatto. Perché questo arnese, che mi è stato assegnato, non corrisponde alla percezione che io ho di me. Ammetto di sentirmi alto e bello, slanciato e scattante. Peccato che non sia vero. Ho spesso pensato a come si sarebbe dipanata la mia esistenza se la combinazione del dna avesse avuto un esito diverso. Esercizio mentale senza rancore, anzi, spesso velato di ironia, approdato nel tempo ad una serena civile convivenza fra quello che di me è interiore e la corazza, lo scafandro. Non mi sono dunque mai appassionato troppo alla difesa del corpo e della sua dignità. Nel meccanismo della creazione si può fare di meglio. Lo dico serenamente perché mi rendo conto che si può fare anche di peggio. E soprattutto, la decadenza dell'involucro, inevitabile e mitridatica, ci accompagna silenziosa verso un distacco, separazione tra esterno e interno, che rimane misteriosa, inafferrabile, e perciò inquietante, perché non conosciuta e non rappresentabile. In questo senso sono d'accordo: il mio corpo non mi appartiene. E' importante tenerlo in funzione nel miglior modo possibile, perché finché risponde ai comandi mi consente di comunicare, di entrare in relazione, di essere consapevole di me, della mia dimensione interna, l'anima. Vorrei che il passaggio finale, la liberazione, avvenga senza clamore, in un sospiro, in un batter di ciglio. Se così non sarà, e se io non potrò più usare il corpo per manifestare la mia volontà viva e cosciente, vorrei che la sorte del mio involucro silente non condizionasse troppo, né troppo a lungo, la vita dei miei cari, o di chi, in quel momento, potrebbe o dovrebbe prendersi cura di me. Non so se questo sia un testamento biologico. E' la mia volontà. E il mio pensiero grato a Eluana.

Franco Bomprezzi

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