In occasione del Mese mondiale Alzheimer, la federazione italiana lancia un appello al governo per garantire nuovi fondi al piano d'azione -che si esaurirą tra pochi mesi- e garantire la presa in carico
Intervenire sui principali fattori di rischio della demenza permetterebbe di ritardare o addirittura evitare fino al 40% dei casi entro il 2050. In Italia -dove le persone affette da questa condizione sono oltre 1,4 milioni- questo significherebbe fermare o rallentare l’insorgere questa condizione in più di 900mila persone, sulle oltre 1,3 milioni che si stima vivranno con la demenza entro il 2050.
È quanto emerge da una ricerca della Lancet Commission che federazione Alzheimer Italia ha rilanciato in occasione del dodicesimo “Mese mondiale Alzheimer” assieme a un appello al governo affinché finanzi urgentemente la ricerca sui principali fattori di rischio per la demenza e le strategie di contrasto alla loro diffusione, mettendo in atto piani di sensibilizzazione e di supporto per la popolazione.
La disponibilità di una cura efficace per tutti è infatti ancora lontana, e il contrasto alle possibili cause rimane l’unico strumento di prevenzione che può fare la differenza.
“L’Italia, aderendo nel 2017 al piano di azione globale dell’Organizzazione mondiale della sanità sulla risposta di salute pubblica alla demenza, si è impegnata a dare priorità alla riduzione del rischio -afferma Katia Pinto, presidente della federazione Alzheimer Italia-. Un aspetto che non è sufficientemente considerato nel nostro Piano nazionale demenze, che oltretutto potrebbe a breve rimanere di nuovo senza fondi: lo stanziamento economico previsto con la legge di Bilancio del 2021 si esaurirà infatti nei prossimi mesi”.
Per questo motivo la federazione Alzheimer Italia chiede con forza al governo di garantire nuovi fondi al piano, così da permettere di proseguire il lavoro già iniziato e implementare inoltre iniziative efficaci di prevenzione: “Non è mai troppo presto e non è mai troppo tardi per ridurre il rischio di demenza”, sottolinea Pinto.
I fattori di rischio comprovati per la demenza sono diversi: dall’inattività fisica al fumo, dal consumo eccessivo di alcol alle lesioni alla testa, dall’obesità, all’ipertensione, dall’esposizione all’inquinamento atmosferico alla depressione.
A fronte di questa situazione, i singoli individui possono cambiare il proprio stile di vita per ridurre o rallentare la possibilità di sviluppare la demenza, ma sono i governi ad avere la fondamentale responsabilità di rendere la riduzione del rischio un elemento centrale dei piani nazionali per la demenza.
“L’urgenza del coinvolgimento delle istituzioni in risposta all’aumento dei casi di demenza è chiara -sottolinea Pinto-. Servono campagne di sensibilizzazione e informazione, ma anche iniziative per combattere alla radice i fattori di rischio. Iniziative che possono e devono integrarsi con quelle messe in campo per raggiungere altri obiettivi che riguardano il benessere di tutta la popolazione, come la riduzione del fumo e dei tassi di obesità, la lotta all’inquinamento, la garanzia di accesso all’istruzione per tutti o la tutela della salute mentale”.
Senza ovviamente dimenticare un altro fondamentale compito di governi e istituzioni: garantire a tutte le persone con demenza l’accesso alle cure e all’assistenza di cui hanno bisogno. Un corretto supporto post diagnostico, infatti, può fare la differenza per rallentare l’avanzamento della malattia.