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22 Marzo 2023

Sono i luoghi “chiusi” ad alimentare la violenza sulle persone con disabilità

Nel bresciano cinque operatori di una residenza sono indagati per maltrattamenti. Una vicenda che è sintomo di una violenza diffusa ai danni delle persone con disabilità che ancora fatichiamo a riconoscere

Cinque operatori di una Residenza sanitaria per disabili (Rsd) di Brescia sono stati allontanati dalla struttura sanitaria e indagati per maltrattamenti ai danni di almeno nove persone ricoverate. Secondo quanto hanno riferito dai quotidiani locali che hanno pubblicato la notizia sarebbero circa ottanta gli episodi contestati, alla luce dell’inchiesta condotta dai carabinieri dei Nas. “L’inchiesta era nata dalla segnalazione partita dai vertici della stessa struttura pubblica e collegata agli spedali civili di Brescia -si legge sul quotidiano Avvenire- che avevano notato segni di lesioni su un ospite della struttura, una donna allettata che non aveva modo di farsi del male”.

I cinque indagati avrebbero agito “con crudeltà” -scrive invece il Corriere della Sera citando gli atti dell’inchiesta- e avrebbero percosso, minacciato e offeso in modo gratuito le persone ricoverate. Avrebbero inoltre “in modo consapevole e volontario”, omesso o ritardato “le cure doverose” e usato violenza “inutilmente e deliberatamente” nell’esercizio delle rispettive mansioni ai danni di persone deboli e indifese “alla mercé delle loro azioni”.

LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità auspica che il lavoro della magistratura possa concludersi il prima possibile per fare chiarezza su una vicenda inaccettabile che dimostra quanto la violenza ai danni delle persone con disabilità sia ancora diffusa nella nostra società. Una violenza che si fatica a vedere, a riconoscere e soprattutto a intercettare.

Ridurre questi episodi a singoli casi, puntando il dito contro un ristretto numero di “mele marce” sarebbe sbagliato. Occorre quindi interrogarsi sulle dinamiche che stanno alla base di questi comportanti che possono interessare tanto le grandi residenze sanitarie, quanto i piccoli gruppi e persino le famiglie. La violenza ai danni delle persone con disabilità non ha nulla a che vedere con i numeri. È piuttosto legata alla presenza o meno di relazioni sociali.

Tanto più un servizio residenziale, un appartamento o una famiglia sono aperti e coinvolti da attività sociali di diverso tipo, tanto più aumenta la possibilità che eventuali episodi di violenza e abusi vengano identificati, denunciati e contrastati. Per contro è all’interno di residenze, appartamenti e famiglie “chiuse” e isolate che questa violenza rischia di compiersi e di restare invisibile alla società esterna e a tutti coloro che possono intercettarla e agire per contrastarla.

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