Un approccio sulla disabilità basato su approccio medico-assistenziale è un ostacolo all'applicazione del principio di uguaglianza. Laura Abet e Giampiero Griffo analizzano il General comment numero sei
Il General comment numero 6 è stato pubblicato dal Comitato delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità nel 2018 e fornisce l’interpretazione ufficiale dell’articolo 5 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, relativo al tema dell’uguaglianza e della non discriminazione.
Nella sua analisi, il Comitato ha rilevato come le leggi e le politiche degli Stati Parti tendano a perpetuare un approccio alla disabilità fondato sul modello medico-assistenziale che mette al centro la menomazione, e non i diritti delle persone con disabilità. Questo approccio impedisce l’applicazione del principio di uguaglianza, perché le persone non sono riconosciute come detentrici di diritti, ma ridotte alla propria menomazione.
Il modello proposto dalla Convenzione, al contrario, ritiene la disabilità un costrutto sociale e insiste perché la stessa sia considerata come uno dei diversi aspetti che caratterizzano l’identità di una persona, ma non l’unico e penalizzante.
Il General comment numero 6, inoltre, individua e definisce alcuni concetti chiave strettamente ad altre disposizioni della Convenzione Onu e che riteniamo utile richiamare:
di Giampiero Griffo, Disabled People's International Italia
e Laura Abet, responsabile del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi
Sebbene l'uguaglianza e la non discriminazione siano principi di diritto internazionale, la discriminazione basata sulla disabilità continua ad esistere. Lo scopo del General comment numero sei è quello di chiarire gli obblighi degli Stati parti in materia di non discriminazione e uguaglianza.
Un diritto sancito dall'articolo 5 della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, che ha riconosciuto per la prima volta la titolarità dei diritti umani anche alle persone con disabilità, rifiutando lo stigma negativo che per millenni le ha relegate nell'area della salute. Gli Stati devono quindi garantire il pieno ed eguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità.
Per molto tempo, invece, si è affermato che gli unici diritti delle persone con disabilità fossero la cura e la riabilitazione della loro limitazione funzionale. Obiettivi, spesso, impossibili da raggiungere. Nonostante il cambio di paradigma introdotto dalla Convenzione Onu, questo modello della disabilità impera ancora oggi in molti sistemi di welfare.
La Convenzione Onu, invece, ha affermato che la condizione di disabilità è un prodotto sociale derivante da barriere, ostacoli e discriminazioni presenti nella società. Questa interazione negativa impedisce alle persone con disabilità di essere considerate cittadini a pieno titolo e di partecipare in uguaglianza di opportunità alla società in cui vivono.
Il modello sociale della disabilità esplicitato nella Convenzione Onu impone un cambio di lettura della condizione delle persone con limitazioni funzionali, che devono essere valutate in comparazione con l'accesso ai diritti e servizi degli altri cittadini per misurare quanto sia distante il trattamento e le opportunità a cui possono accedere.
La violazione continua dei diritti umani nei confronti delle persone con disabilità va combattuta sia a livello politico sia a livello giudiziario oltre che con la richiesta di accomodamenti ragionevoli appropriati. È importante che le persone “disabilitate” dalla società e le loro famiglie abbiano chiaro questo cambio di paradigma, per promuovere una più consapevole domanda sociale di cambiamento dell’attuale sistema di welfare e di accesso ai diritti.
In questa direzione le politiche per tutti devono includere i cittadini con disabilità favorendone l'inclusione in tutti gli ambiti, ma beneficiando delle risorse di tutta la comunità. Non discriminazione e parificazione di opportunità devono accompagnare le persone con disabilità nel percorso di vita, attraverso appropriati sostegni alla partecipazione.
Una vera uguaglianza delle persone davanti alla legge è possibile solo nella possibilità di scegliere liberamente e deve passare attraverso molti cambiamenti nel nostro sistema giuridico, come ad esempio l’eliminazione degli istituti della interdizione e inabilitazione e il cambiamento dell’amministratore di sostegno.
In Italia abbiamo anche di positivo la possibilità di utilizzare lo strumento della Legge 67/2006 "Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni." Una norma che sancisce il diritto di chi vive una condizione di disabilità a non essere discriminato e che prevede che il Tribunale competente per territorio possa ordinare la cessazione di un atto o di un comportamento che lo discrimina, un risarcimento del danno e un piano di rimozione delle discriminazioni.
Non solo sono vietate per legge le discriminazioni dirette e indirette, ma anche le molestie e la mancata predisposizione di un accomodamento ragionevole che sono considerabili come discriminazioni e quindi vietate.
Il General comment evidenzia come le leggi e le politiche degli Stati parti continuano ad approcciare la disabilità attraverso modelli caritatevoli e/o medici, nonostante la loro incompatibilità con la Convenzione. L'uso persistente di tali paradigmi non riconosce le persone con disabilità come soggetti a pieno titolo di diritti e come titolari di diritti.
L'ampliamento delle leggi contro la discriminazione e dei quadri normativi sui diritti umani ha portato a una maggiore tutela dei diritti delle persone con disabilità in molti Stati parti, anche in Italia.
Tuttavia, le leggi e i quadri normativi spesso rimangono imperfetti e incompleti o inefficaci, o riflettono una comprensione inadeguata del modello dei diritti umani della disabilità e quindi come minimo, ben venga la diffusione della conoscenza del General comment numero sei.