Le convenzioni internazionali possono sembrare documenti astratti e lontani dalla vita di tutti i giorni. Ma non è così. Rappresentano le fondamenta del diritto e della lotta alle discriminazioni
Le carte di diritto internazionale e le convenzioni approvate dagli organismi sovranazionali - come le Nazioni Unite e l’Unione europea - sono documenti che sanciscono i diritti fondamentali degli esseri umani in quanto tali. Attraverso la loro ratifica da parte dei singoli Stati, diventano a tutti gli effetti leggi dello Stato, che devono quindi essere rispettate.
Possono sembrare documenti astratti e lontani dalla vita di tutti i giorni, ma non è così. Rappresentano le fondamenta del diritto e della lotta alle discriminazioni.
I diritti delle donne con disabilità vengono sanciti all’interno di due importanti convenzioni internazionali. LEDHA - Lega per i diritti delle persone con disabilità ritiene sia importante favorire la diffusione e la conoscenza di questi documenti per far crescere la consapevolezza delle donne con disabilità, dei loro familiari, delle associazioni e della società intera.
In particolare, i diritti delle donne con disabilità sono affermati in due importanti trattati internazionali:
Questa convenzione è stata adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1979 e ratificata dallo Stato Italiano con la Legge n. 132 del 1985. Si tratta del primo e più importante strumento internazionale giuridicamente vincolante in materia di diritti delle donne.
L’articolo 1 della Convenzione definisce la discriminazione contro le donne come “ogni distinzione, esclusione o limitazione basata sul sesso, che abbia l’effetto o lo scopo di compromettere o annullare il riconoscimento, il godimento o l’esercizio da parte delle donne, indipendentemente dal loro stato matrimoniale e in condizioni di uguaglianza fra uomini e donne, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile, o in qualsiasi altro campo”.
Questa Convenzione è stata adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa l’11 maggio 2011 ed è entrata in vigore il 1° agosto 2014, a seguito del raggiungimento di dieci ratifiche. L’Italia è stato tra i primi paesi europei a fare propria la Convenzione, ratificandola con la Legge n. 77 del 2013.
Si tratta del primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza. Prevenzione, protezione, repressione e politiche integrate sono i quattro pilastri su cui si basa.
Sappiamo bene, però, che la ratifica di una convenzione internazionale o l’approvazione di una legge non garantiscono di per sé il pieno rispetto dei diritti. Sono pertanto previsti rigorosi meccanismi di monitoraggio in base ai quali tutti gli Stati sono sottoposti all'obbligo di presentare dei rapporti periodici sull'attuazione, nel loro rispettivo territorio, dei diritti previsti dalle Convenzioni. Allo stesso modo, le organizzazioni appartenenti alla società civile sono invitate a partecipare alle fasi del ciclo di monitoraggio inviando i cosiddetti Rapporti Alternativi.
Nello specifico, per quanto riguarda le due principali convenzioni internazionali di tutela dei diritti delle donne e lotta alla violenza nei loro confronti, il Forum italiano sulla disabilità (FID) ha pubblicato alcuni rapporti.
Nell’introduzione, il gruppo di lavoro che ha curato il rapporto registra un’applicazione incompleta da parte dell’Italia della Cedaw ed evidenzia come nel nostro Paese le donne con disabilità siano “quotidianamente invisibili e discriminate”. Inoltre, il mancato “approccio mainstreaming, sommato agli stereotipi legati al genere e alla disabilità, ha effetti deleteri sulla loro qualità di vita e sulla loro piena, effettiva e paritaria partecipazione alla società”.
Nell'introduzione, il gruppo di lavoro che ha curato il rapporto ha rilevato che indubbiamente la Convenzione di Istanbul si rivolge a tutte le donne, nella loro diversità, ma è necessario essere consapevoli che i documenti di genere non danno abbastanza spazio e attenzione alle donne con disabilità, le quali, oltre a subire una doppia discriminazione, devono anche affrontare il problema di una doppia invisibilità: come donne e come persone con disabilità.