Un’indagine sull’applicazione della Convenzione della Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, alla luce dei pronunciamenti e delle indicazioni del Comitato della Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità
L’adozione della Convenzione della Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, il 13 dicembre 2006 da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e la successiva entrata in vigore il 3 maggio 2008, è stata presentata da più parti, come un “cambio di paradigma” nell’approccio alla disabilità. Grazie alla Convenzione la disabilità, infatti, esce dal recinto dell’assistenzialismo e della sanitarizzazione, per entrare nella dimensione dei diritti umani. Si riconosce quindi che la disabilità è una condizione che pone le persone all’interno di una forma di discriminazione e di mancato rispetto dei diritti umani, che ne impediscono il riconoscimento del loro status di persona e di cittadino e, di conseguenza, la piena partecipazione alla vita sociale in condizione di uguaglianza con gli altri. Si abbandona pertanto la strada della condizione speciale, e quindi anche dei “diritti speciali”, per imboccare quella che si preoccupa di valutare se, come e in che misura, le persone con disabilità vedano rispettati i loro diritti umani, così come rappresentati dalla Dichiarazione Universale del 1948.
Ovviamente un “cambio di paradigma” di questa natura richiede tempo, impegno e lavoro per essere assimilato. In questi anni, in Italia, una parte significativa delle energie del movimento associativo sono state spese proprio per studiare, analizzare e capire come questa “rivoluzione” potesse essere promossa e quindi generare azioni politiche, sociali e culturali coerenti e conseguenti. In questo percorso, poche persone e poche realtà hanno potuto avere accesso ai pronunciamenti e documenti elaborati dal Comitato della Nazioni Unite dedicato al tema dei diritti delle persone con disabilità. Pesano le barriere linguistiche, ma anche la percezione di un’ampia distanza tra il vissuto quotidiano delle persone e delle famiglie coinvolte ed i redattori di questi testi.
Con il progetto Diritti umani e disabilità: una relazione difficile LEDHA intende contribuire a colmare questa distanza, presentando il lavoro svolto dal Comitato delle Nazioni Unite per la Convenzione e i suoi principali pronunciamenti, considerando anche ulteriori documenti e indicazioni di altri enti sovranazionali.
Storia
L’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) fu istituita, il 24 ottobre del 1945, per la volontà di 51 Stati, col proposito di preservare la pace e la sicurezza collettive, attraverso una politica di cooperazione internazionale.
La data di fondazione dell’ONU viene fatta coincidere con quella di entrata in vigore dello Statuto delle Nazioni Unite, che stabilisce i principi fondamentali dei rapporti internazionali tra gli Stati Parti. Le Nazioni Unite iniziarono ufficialmente la propria attività il 1° gennaio 1946.
Secondo quanto disposto dalla Carta delle Nazioni Unite, l’ONU svolge quattro funzioni:
Nel corso degli anni, il numero dei Paesi aderenti all’ONU è aumentato fino a comprendere, attualmente, 193 dei 196 Stati legalmente riconosciuti. Inoltre, la Santa Sede e la Palestina rivestono lo status di Osservatore Permanente, mentre a circa 4.200 Organizzazioni Non Governative è riservato un ruolo consultivo presso il Consiglio Economico e Sociale.
Ogni Stato, divenendo Membro delle Nazioni Unite, accetta implicitamente gli obblighi stabiliti dalla Carta ONU. Tuttavia, pur essendo l’ONU la massima organizzazione operante per fini politici generali, gli Stati aderenti mantengono la propria sovranità. Le Nazioni Unite, quindi, non rappresentano una forma di governo mondiale, ma una politica di cooperazione in grado di fornire gli strumenti atti a risolvere i conflitti internazionali e formulare soluzioni appropriate, per affrontare questioni di interesse comune. L'ONU riveste un ruolo fondamentale nel processo di riconoscimento dei diritti umani nel contesto internazionale; un’operazione che si concretizza soprattutto mediante l’adozione di Convenzioni Giuridiche vincolanti per gli Stati aderenti.
Struttura
L’ONU prevede sei organi principali, di cui cinque hanno sede a New York, il Consiglio di Sicurezza (composto da 15 membri, di questi 5 permanenti), il Consiglio Economico Sociale, il Consiglio di Amministrazione Fiduciaria (che attualmente si riunisce solo in caso di necessità), l’Assemblea Generale e il Segretariato, mentre la Corte Internazionale di Giustizia ha sede all’Aia.
L’ONU si avvale inoltre di alcuni organi sussidiari, tra cui il Consiglio dei Diritti Umani, che opera, in materia di diritti umani, in sinergia con l’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani e i Comitati previsti dai Trattati, che saranno approfonditi di seguito.
L’ONU rappresenta un sistema piuttosto complesso e articolato: agli organi principali e sussidiari si aggiungono, infatti, alcune organizzazioni indipendenti, definite Agenzie Specializzate, oltre a una pluralità di istituti di ricerca, uffici, programmi e fondi specializzati istituiti nei diversi settori di interesse dell’Organizzazione, che non saranno trattati nel presente elaborato.
Organi principali
Sistemi di garanzia
ONU Assemblea
L’Assemblea è l’organo plenario ONU, di rappresentanza degli Stati Membri, ciascuno dei quali ha diritto a un voto, sulla base del principio di uguaglianza sovrana.
Tale organo si riunisce in una sessione ordinaria annuale, cui si aggiungono le sessioni speciali e quelle di emergenza, per discutere sulle questioni mondiali prioritarie. Su tali temi alcune delibere sono adottate con maggioranza di due terzi e altre con quella semplice; sono inoltre in uso la pratica di adozione in assenza di obiezioni formali da parte degli Stati e quella per acclamazione. Procedure particolari sono previste per le modifiche dello Statuto ONU.
All’Assemblea è riservata la facoltà di discussione su qualsiasi tema che rientri nelle finalità delle Nazioni Unite, così come quella di inviare raccomandazioni agli Stati e agli altri organi dell’ONU, con parziale limite operativo sulle questioni relative al mantenimento della pace, la cui responsabilità principale è attribuita al Consiglio di Sicurezza.
Competono inoltre all’Assemblea l’adozione del bilancio dell’Organizzazione e la ripartizione delle spese tra gli Stati, oltre che i pronunciamenti su ammissione, sospensione ed espulsione dall’ONU delle Nazioni Parti, nonché l’approvazione e l’adozione delle Convenzioni.
ONU Consiglio Diritti Umani - UNHRC
Il Consiglio Diritti Umani dell’ONU, UNHRC, rappresenta un organo sussidiario istituito dall’Assemblea Generale con la Risoluzione 60/251 del 15 marzo 2006 e ha sede a Ginevra.
Tra i compiti ad esso riservati: promuovere il rispetto universale per la protezione di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali e favorire il coordinamento degli organi e delle strutture afferenti al sistema ONU.
Operante a Ginevra, in sostituzione della precedente Commissione per i Diritti Umani, è composto da 47 membri nominati, con un mandato di 3 anni rinnovabile per due volte consecutive.
Per perseguire le proprie finalità, il Consiglio dispone di diversi meccanismi:
Il Consiglio si avvale, inoltre, del Comitato Consultivo, che ha lo scopo di elaborare ricerche e studi su particolari temi di indagine proposti dal Consiglio stesso.
ONU Segretariato Generale
Il Segretariato Generale è l’organo ONU cui sono attribuite funzioni amministrative e politiche, con compiti organizzativi, tecnici e di rappresentanza, in applicazione delle direttive ricevute dagli altri organi dell’Organizzazione. È composto da una serie di dipartimenti e uffici: uno staff articolato su diverse sedi operative e al cui vertice è posto il Segretario Generale, eletto dall’Assemblea Generale, su proposta del Consiglio di Sicurezza.
ONU Alto Commissario per i Diritti Umani
L’ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani, OHCHR, formalmente parte del Segretariato Generale dell’ONU, è stato istituito dall’Assemblea Generale con la Risoluzione 48/141 del 20 dicembre 1993, a seguito della Conferenza Mondiale sui Diritti Umani di Vienna.
L’ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani ha sede a Ginevra e rappresenta l’organismo capofila nel sistema ONU per i diritti umani. Tra i compiti ad esso attribuiti troviamo: svolgere il ruolo di Segretariato del Consiglio Diritti Umani e dei Comitati, assistere i Relatori Speciali, gli Esperti Indipendenti e le Commissioni d’Inchiesta previsti dalle procedure speciali del Consiglio Diritti Umani e collaborare con le agenzie specializzate, i fondi e i programmi ONU, nell’ottica di rendere più efficace l’intervento delle Nazioni Unite nell’ambito dei diritti umani. Le finalità di questo organismo sono di carattere generale: prevenire le violazioni dei diritti umani, garantirne il rispetto e coordinare le attività svolte dagli organi ONU in tale ambito. Per svolgere i suoi compiti, si avvale di uffici a livello nazionale e regionale, indipendenti dai singoli governi. È presieduto dall’Alto Commissario per i Diritti Umani, nominato dal Segretario Generale ONU, con un mandato di quattro anni.
ONU Relatori Speciali
I Relatori Speciali, Special Rapporteurs, sono persone incaricate dal Consiglio Diritti Umani dell’ONU, all’interno delle procedure speciali, per indagare, monitorare e riferire su alcuni specifici ambiti relativi ai diritti umani (mandato tematico) o sulla particolare situazione presente in un determinato Stato (mandato per Paese).
Tra i mandati specifici previsti è presente anche il Relatore Speciale sui diritti delle persone con disabilità e di un approfondimento sui suoi pronunciamenti in tema di diritti delle persone con disabilità.
ONU Atti Giuridici Internazionali
L'ONU riveste un ruolo fondamentale nel processo di riconoscimento dei diritti umani nel contesto internazionale. Un’operazione che si concretizza soprattutto mediante l’adozione di Atti Giuridici Internazionali, tra cui le Convenzioni vincolanti per gli Stati aderenti.
Nel dettaglio:
ONU Sistemi di garanzia - Comitati
Al fine di garantire il concreto rispetto dei diritti umani da parte degli Stati contraenti, ogni Convenzione Giuridica (o Trattato) prevede un Comitato e un meccanismo di controllo di quanto in essa sancito. I Comitati, Treaty Bodies, sono composti da un numero di membri variabile, da 10 a 18 esperti, indipendenti dai Governi che li hanno nominati, individuati sulla base della loro comprovata esperienza nel campo dei diritti umani. Il sistema di monitoraggio a essi affidato prevede l’esame dei rapporti periodici ricevuti dagli Stati, secondo la tempistica prevista da ogni Trattato. In aggiunta all’esame dei rapporti governativi, i Comitati sono legittimati a raccogliere informazioni sull’effettiva situazione da altre fonti quali: Agenzie ONU, Organizzazioni Intergovernative, Organizzazioni Non Governative, altre istituzioni e stampa. Sulla base di quanto emerso, i Comitati inviano agli Stati interessati una richiesta di chiarimenti, List of Issues, su alcuni punti specifici, dando avvio a un dialogo interattivo (cui possono partecipare anche le associazioni appartenenti alla società civile), che si conclude con la pubblicazione di raccomandazioni, meglio conosciute come Osservazioni Conclusive (Concluding Observations), un elenco di adempimenti che lo Stato Parte è invitato a mettere in atto, per essere in linea con i principi della Convenzione.
A tutti i Comitati è poi riservata la facoltà di emanare Commenti Generali (General Comments), ovvero un’interpretazione ufficiale sulle disposizioni della convenzione.
Nel campo dei diritti umani, attualmente operano i seguenti Comitati:
La procedura di indagine, con focus sul funzionamento del Comitato sui diritti delle persone con disabilità, è dettagliatamente descritta, così come prevista agli articoli 34 e seguenti della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità.
Introduzione
La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (CRPD) è stata adottata, dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 13 dicembre 2006. Redatta con un linguaggio di semplice fruizione, è suddivisa in 50 articoli e contiene disposizioni programmatiche per i Paesi che l’hanno ratificata, ovvero obiettivi che gli Stati Parti devono raggiungere, integrando e adattando la normativa interna, affinché risulti in linea con i principi in essa sanciti. Un impegno che non sia solo di promulgazione e sovrapposizione di nuove leggi a sistemi già esistenti, ma che possa portare a un ripensamento e rinnovamento delle politiche socio - assistenziali fino ad ora messe in atto.
La Convenzione non introduce nuovi diritti, ma propone un cambio di paradigma che si svincola dal concetto di handicap, fondato sulla menomazione, per porre l’attenzione sulle persone che, a prescindere dalla presenza di una disabilità, risultano essere titolari di diritti umani, al pari di ogni altro individuo. In quest’ottica, l’approccio non è più quello caritatevole e sanitario, che ha caratterizzato la normativa legata al welfare di tipo assistenziale, ma pone l’attenzione sulle persone, libere di condurre una vita piena e partecipata.
È da sottolineare come la Convenzione definisce la disabilità come un concetto in evoluzione, ponendo l’accento sul fatto che essa non sia dettata da una caratteristica individuale della persona, ma dall’interazione tra una menomazione e più forme di barriere comportamentali e ambientali che impediscono la piena partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri. Un concetto già introdotto dalla classificazione ICF (che rappresenta la classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, e definisce la disabilità nell’ambito della relazione tra handicap, funzionamento e ambiente circostante), ma che nel concreto sembra non essere riuscito a far superare l’idea di sovrapposizione tra disabilità e menomazione. La Convenzione spinge per ricollocare la disabilità nella cornice dei diritti umani, considerandola come una delle varie forme di diversità dell’individuo. In quest’ottica, le persone non devono essere tutelate perché fragili, ma perché sono state per troppo tempo discriminate nella fruizione dei loro diritti. Agire sul contesto normativo e sociale rappresenta quindi il tentativo di predisporre un ambiente che non trasformi una condizione di diversità in fragilità, disabilità e discriminazione.
Struttura della Convenzione - preambolo
Il preambolo alla Convenzione è costituito da 25 sottopunti indicanti i principi fondamentali. Vengono richiamati i documenti che prima della Convenzione hanno sancito i diritti fondamentali e se ne riafferma il valore per tutti gli individui, senza alcuna distinzione, così come l’esigenza del loro pieno godimento da parte di ogni persona anche le persone con disabilità, in quanto non si tratta di nuovi diritti. La disabilità è descritta come l’esito di interazioni con barriere comportamentali e ambientali, che producono discriminazioni. Nella conclusione si auspica che una Convenzione internazionale possa contribuire a promuovere e proteggere i diritti delle persone con disabilità, nell’ottica di una partecipazione alla vita sociale in condizioni di parità con gli altri.
Struttura della Convenzione - scopo e definizioni
Le finalità della Convenzione sono dichiarate esplicitamente nell’art. 1: garanzia di dignità e pari opportunità per tutte le persone con disabilità. Definisce la disabilità sia l’effetto dell’interazione tra una duratura menomazione e un ambiente caratterizzato da barriere, sia ambientali sia comportamentali, che impediscono la piena partecipazione nella società sulla base di un principio di uguaglianza con gli altri.
L’art. 2 della Convenzione è dedicato alle definizioni. Una scelta che tenta di liberare il campo da possibili equivoci, ponendo l’accento non su una classificazione delle varie forme di diversità, ma sottolineando, invece, come il concetto di discriminazione sia da intendersi in senso ampio per descrivere ogni forma di distinzione, esclusione, restrizione che pregiudichi l’esercizio di tutti i diritti umani.
Nello stesso articolo è inoltre proposta per la prima volta una definizione di accomodamento ragionevole, inteso come forma di adattamento che non comporti un onere sproporzionato, ma permetta a tutti l’esercizio delle libertà fondamentali su base di uguaglianza con gli altri.
Struttura della Convenzione - principi generali e obblighi generali
L’art. 3 della Convenzione è riservato all’indicazione dei principi generali. Si persegue nella scelta di chiarezza espositiva del testo, elencandoli ed esplicitandoli in modo inequivocabile: il rispetto per la dignità intrinseca, l’autonomia individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte, e l’indipendenza delle persone; la non discriminazione; la piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società; il rispetto per la differenza e l’accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana e dell’umanità stessa; la parità di opportunità; l’accessibilità; la parità tra uomini e donne il rispetto dello sviluppo delle capacità dei minori con disabilità e il rispetto del diritto dei minori con disabilità a preservare la propria identità.
Concetti chiave non innovativi di per sé, ma nuovi nel contesto di azione, perché letti e interpretati come elementi cardine che guidano la persona con disabilità nella fruizione libera e consapevole dei propri diritti.
Si trovano elencati nell’art. 4 gli obblighi generali cui risultano vincolati gli Stati che hanno ratificato la Convenzione. Si impegnano concretamente su più fronti: dall’adattamento normativo, all’adozione di misure di tipo amministrativo, dal rispetto formale e sostanziale di quanto contenuto nel Trattato, a un investimento in termini di ricerca e sviluppo di nuove tecnologie, oltre che in interventi di formazione, che rendano da un lato sempre più adeguati i professionisti del settore e dall’altro aumentino la consapevolezza delle persone con disabilità nell’ottica di attuare, laddove sia possibile, percorsi di autonomia. Tra gli elementi di innovazione, in termini di obblighi, vi è inoltre quello di un coinvolgimento attivo delle persone con disabilità (e delle loro organizzazioni rappresentative) nelle decisioni inerenti la loro vita e le scelte politiche che su di essa incidono.
Struttura della Convenzione - contenuto
L’articolazione della Convenzione è stata studiata per fornire in ogni articolo un focus su una dimensione particolare legata al tema dei diritti delle persone con disabilità.
È possibile suddividere il Trattato in due parti: nella prima, fino all’art. 30, sono individuati i diritti e gli ambiti di intervento, i successivi sono riservati alla previsione di un articolato sistema di monitoraggio che renda effettiva l’applicazione dei principi e degli obblighi previsti.
I concetti principali su cui si sofferma il documento sono: uguaglianza, sicurezza, formazione, occupazione, non discriminazione, partecipazione, accessibilità e libertà. Termini non innovativi in sé, ma nuovi nel contesto di applicazione, perché utilizzati in un’accezione che potremmo definire più “personalizzata”. L’obiettivo di fondo è affermare e accrescere nelle persone con disabilità, e nel contesto sociale in cui queste vivono, una maggiore consapevolezza dei propri diritti e riformulare il concetto di uguaglianza fondandolo sulla libertà di autodeterminazione delle persone stesse. Questo implica la possibilità, che deve essere data a tutti gli individui, a prescindere dalla presenza o meno di una disabilità, di scegliere e attuare concretamente, quale percorso educativo e di formazione intraprendere, come fruire del tempo libero, dove e con chi vivere, se e in che misura partecipare attivamente alla vita sociale, culturale e politica, quale attività lavorativa praticare, in una gamma di scelte pari a quella disponibile per tutti e non tra un ventaglio di opzioni residuali, e anche laddove i bisogni di sostegno siano particolarmente forti, deve comunque essere garantita alla persona con disabilità la possibilità di avere cure adeguate o il diritto a non subire maltrattamenti. La Convenzione pone poi l’accento su alcune categorie di persone: le donne, i minori e coloro che si trovano in situazioni di rischio ed emergenze umanitarie. Questo perché, per una sorta di prassi consolidata, la presenza di una disabilità ha portato spesso a ritenere che tale condizione annulli tutte le differenze e le peculiarità dei soggetti.
Alcuni articoli affermano poi diritti come la libertà di espressione, il rispetto della vita privata, del domicilio e della famiglia, quello alla salute o all’educazione; tutti diritti che, almeno in Italia, sono già sanciti a livello Costituzionale, ma la loro conferma all’interno della Convenzione va nella direzione di una garanzia per tutti e ovunque.
Gli articoli dal 31 al 50 sono dedicati, invece, alla previsione di un complesso sistema di monitoraggio che renda effettiva l’applicazione dei principi e degli obblighi previsti. Oltre ad invitare alla cooperazione internazionale, al confronto e scambio di buone prassi e di programmi di formazione, si istituisce, con l’art. 34 della Convenzione, il Comitato sui diritti delle persone con disabilità, il sistema di garanzia che vincola gli Stati aderenti a un monitoraggio periodico, in un dialogo scandito dalla produzione e dall’analisi di rapporti, con la possibilità di partecipazione attiva anche da parte della società civile.
Protocollo opzionale
Il protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità rappresenta un documento a sé, adottato ed entrato in vigore contemporaneamente alla Convenzione. Ha validità di Trattato autonomo rispetto alla Convenzione stessa e, come tale, può anche non essere accolto dai Paesi che hanno integrato la Convenzione nel loro ordinamento. Composto da 18 articoli, prevede la possibilità, negli Stati che lo hanno ratificato, di avviare procedure di ricorso individuale presso il Comitato. Solo se lo Stato Parte ha ratificato anche il Protocollo opzionale alla Convenzione, le persone con disabilità di quel Paese avranno la possibilità di appellarsi direttamente alle Nazioni Unite, in caso di violazione dei loro diritti. Con la legge 3 marzo 2009, n. 18 di ratifica, l’Italia ha aderito sia alla Convenzione sia al Protocollo opzionale.
Ratifica Italia
Con la legge 3 marzo 2009, n. 18 l’Italia ratifica e dà esecuzione alla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale e istituisce l’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità.
Osservatorio Nazionale
L’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità (OND) è stato istituito con la Legge 3 marzo 2009, n. 18, con la quale l’Italia ha ratificato la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità e il relativo Protocollo opzionale. La stessa disposizione fornisce indicazioni sulla composizione, l’organizzazione e il funzionamento. L’Osservatorio è presieduto dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e composto da 40 componenti, tra cui figurano le associazioni nazionali maggiormente rappresentative delle persone con disabilità, le organizzazioni del Terzo Settore operanti in questo ambito ed esperti con comprovata esperienza nel settore. I compiti riservati a questo organo sono di promozione e attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e la predisposizione di un programma di azione biennale per la promozione dei diritti delle persone con disabilità. Prima del termine del mandato triennale, l’Osservatorio presenta al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali una relazione sull’attività svolta, che sarà poi inoltrata al Consiglio dei Ministri. Nel Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 6 luglio 2010, n. 67 è contenuto il regolamento dell’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, che istituisce al suo interno il Comitato tecnico-scientifico, con finalità di analisi ed indirizzo scientifico in relazione alle attività ed ai compiti dell'Osservatorio. Il regolamento relativo alla composizione, all’organizzazione e al funzionamento dell’Osservatorio è stato oggetto di una recente revisione normativa ai sensi del Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri 20 luglio 2023, n. 115.
Relazioni Osservatorio:
2010 - 2013 Prima relazione sull'attività dell'Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità
2013 - 2016 Seconda relazione sull'attività dell'Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità
Programma d’Azione biennale:
2013 Adozione del primo programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità
2017 Adozione del secondo programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità
Ratifica UE
La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità è stata ratificata anche dall’Unione Europea con decisione del Consiglio UE 2010/48/CE del 26 novembre 2009.
PARTE III
Comitato delle Nazioni Unite sui diritti umani delle persone con disabilità e il monitoraggio sull’applicazione della Convenzione
Comitato - struttura e poteri
Il Comitato per i diritti delle persone con disabilità è stato istituito ai sensi dell’art. 34 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. Composto da 18 membri, scelti sulla base della loro comprovata esperienza nel settore e con un mandato di quattro anni rinnovabile una sola volta, si riunisce annualmente in sessione ordinaria a Ginevra. È un organo di controllo indipendente, con il compito di verificare l’effettiva attuazione della Convenzione attraverso un articolato sistema di monitoraggio che prevede l’obbligo, per gli Stati aderenti, di invio di rapporti periodici sulla situazione interna in tema di rispetto dei diritti delle persone con disabilità. Il primo rapporto deve essere inviato a due anni dalla ratifica e i successivi con cadenza quadriennale. Sulla base di questi rapporti, che il Comitato ha facoltà di integrare con le informazioni ottenute da altre fonti quali: Agenzie delle Nazioni Unite, Organizzazioni Intergovernative, ONG, altre istituzioni e stampa, Il Comitato avvia con gli Stati un dialogo interattivo, che si conclude con la pubblicazione di raccomandazioni, meglio conosciute come Osservazioni Conclusive: un elenco di adempimenti che lo Stato Parte è invitato a mettere in atto, per essere in linea con i principi della Convenzione. Il Comitato ha inoltre la facoltà di emanare General Comments, ovvero un’interpretazione in merito al contenuto delle disposizioni sui diritti umani di propria competenza, al fine di aiutare gli Stati Parti ad adempiere ai loro obblighi, unitamente a Linee Guida relative alla presentazione dei singoli rapporti a cura dei Paesi aderenti.
In virtù della ratifica da parte dell’Italia anche del Protocollo opzionale, il Comitato è legittimato, per il nostro Paese, a ricevere comunicazioni individuali da parte dei singoli cittadini relativamente alla violazione dei diritti riconosciuti dalla Convenzione.
Monitoraggio - rapporti governativi
Ai sensi dell’art. 35 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ogni Stato Parte presenta al Comitato un rapporto sulle misure adottate per adempiere agli obblighi previsti dalla Convenzione entro due anni dalla ratifica e, successivamente, con cadenza quadriennale. Il contenuto del rapporto, redatto dalla struttura di coordinamento, per l’Italia l’Osservatorio, dovrà evidenziare la situazione attuale in tema di diritti delle persone con disabilità e dunque la presenza o meno di vulnus normativi o di prassi che impediscono o permettono l’attuazione di quanto previsto dalla Convenzione. Il Comitato, valutato il contenuto del rapporto ricevuto, può inviare allo Stato una richiesta di chiarimenti su alcuni punti specifici, List of issues, a cui rispondere per iscritto. Il confronto – dialogo, già analizzato in precedenza, rappresenta un processo interattivo e continuo, che culmina con la pubblicazione, da parte del Comitato, delle Osservazioni Conclusive, al fine di invitare lo Stato destinatario a un uniformarsi rispetto ai principi sanciti dalla Convenzione. Il successivo rapporto, redatto quattro anni dopo, dovrà evidenziare se, e sotto quali aspetti, siano messi in atto dei cambiamenti significativi, rispetto a quanto segnalato dal Comitato.
Al Comitato è data la possibilità di richiedere agli Stati dei rapporti o informazioni aggiuntive, indicando la scadenza entro cui dovranno essere forniti.
Monitoraggio - partecipazione agenzie e organizzazioni
Ai sensi dell’art. 38 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, il Comitato può invitare le agenzie specializzate e altri organi delle Nazioni Unite a fornire pareri sull’applicazione della Convenzione, su questioni che rientrano nell’ambito delle loro attività. Può inoltre chiedere alle organizzazioni intergovernative, alle Istituzioni nazionali per i diritti umani e alle organizzazioni non governative di rilasciare dichiarazioni o fornire documenti e informazioni in aree pertinenti alle attività del Comitato.
Monitoraggio - partecipazione della società civile
Per quanto riguarda il ruolo delle organizzazioni appartenenti alla società civile, i cittadini di quello Stato parte e le loro organizzazioni sono invitati a partecipare alle fasi del ciclo di monitoraggio. A loro è, infatti, data la possibilità di inviare quelli che si chiamano Rapporti Alternativi, proporre una List of Issues, rispondere alle richieste di chiarimento e partecipare al dialogo interattivo. Pubblicate le osservazioni conclusive, le associazioni hanno inoltre il compito di sollecitare il governo, in tutte le sue articolazioni, affinché adempia a quanto richiesto.
In Italia, le associazioni di persone con disabilità, riunite nel Forum Italiano sulla Disabilità (FID), che rappresenta gli interessi delle persone con disabilità in Italia, si sono organizzate per partecipare direttamente al ciclo di monitoraggio. È composto esclusivamente da organizzazioni nazionali di persone con disabilità e dalle loro famiglie. Si è costituito nel 2008 a seguito dell’unione del CND e del CID.UE. Tale organizzazione è membro a pieno diritto del Forum Europeo della Disabilità (EDF).
Monitoraggio - le tappe del monitoraggio in Italia
Le tappe del monitoraggio in Italia:
Rimedi contro le violazioni - interni
La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, in virtù della ratifica da parte dell’Italia, è parte dell’ordinamento giuridico e si pone come fonte di diritto superiore alle altre leggi ordinarie, il che implica che nessuna nuova legge potrà contenere delle disposizioni in contrasto con quanto sancito dalla Convenzione.
Qualora una persona ritenga che un suo diritto, sancito dalla Convenzione, sia stato violato, dovrà in primis tentare di esperire tutti i possibili rimedi giuridici interni, che si dividono, a seconda dell’ambito in cui è avvenuta la lesione, in:
Un concetto importante, connesso alle violazioni della Convenzione, è quello di discriminazione (si veda il focus di approfondimento 1 contenuto in questa scheda), che può essere:
Con il Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi, LEDHA mette a disposizione delle persone con disabilità, dei loro familiari e delle loro organizzazioni uno strumento concreto di difesa legale dei propri diritti. Una possibilità per contrastare e ridurre le forme di discriminazione, che ancora oggi rendono difficile la vita di tante persone.
Rimedi contro le violazioni - comunicazioni al Comitato
La ratifica, da parte dell’Italia, anche del Protocollo della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, dà diritto ai singoli cittadini di inviare Comunicazioni dirette al Comitato, ai sensi dell’art. 1 del Trattato opzionale.
Tale procedimento può però essere avviato solo dopo aver esperito tutti i possibili rimedi interni. Inoltre, le Comunicazioni al Comitato non devono presentare i vizi, contenuti all’art. 2 del Protocollo, e di seguito elencati, che le rendono irricevibili:
Qualora i criteri sopra elencati siano rispettati, la Comunicazione può essere accolta da parte del Comitato che sottopone la questione, in via confidenziale, allo Stato interessato, chiedendo informazioni in merito e/o soluzioni di intervento per risolverla.
Possono inoltre essere chiesti degli interventi conservativi affinché dalla controversia, seppure non ancora definitivamente risolta, non si verifichino, per la persona che l’ha denunciata, dei danni irreparabili.
Se il Comitato ritiene che le informazioni raccolte siano attendibili e le violazioni risultino fondate, può avviare un’inchiesta, di carattere confidenziale, e trasmettere delle raccomandazioni o commenti allo Stato, affinché intervenga e adegui la normativa e/o la prassi per essere in linea con quanto sancito dalla Convenzione.
focus di approfondimento 1
DISCRIMINAZIONE
Un concetto cardine della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità è quello di discriminazione, così definita all’interno dell’art.2: per “discriminazione sulla disabilità” si intende qualsivoglia distinzione, esclusione o restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo di pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi campo. Essa include ogni forma di discriminazione, compreso il rifiuto di accomodamento ragionevole.
Tema ricorrente, anche nel linguaggio comune, una discriminazione è, per definizione, una qualsiasi distinzione di trattamento operata in seguito a un giudizio o ad una classificazione. Le persone con disabilità spesso subiscono atteggiamenti discriminatori sia nella semplice quotidianità, sia in ambiti specifici, nonostante siano presenti, nel nostro ordinamento, delle disposizioni che vietano esplicitamente tali comportamenti.
In aggiunta ai principi cardine di uguaglianza formale e sostanziale contenuti nella Costituzione, la vera rivoluzione in termini di tutela delle persone con disabilità, in questo ambito, è data dalla Legge 1° marzo 2006, n. 67, recante le misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni. Basato sul principio di parità di trattamento, il testo normativo introduce, all’interno dell’art. 2, le nozioni di discriminazione diretta e indiretta, ma rinviene altresì forme discriminatorie anche nelle molestie e nei comportamenti indesiderati che violano la dignità e la libertà di una persona con disabilità e prevede rimedi di tutela specifici per le possibili vittime.
Di recente istituzione, ai sensi del Decreto Legislativo 5 febbraio 2024, n.20, è poi la figura dell’Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità, attivo dal 1° gennaio 2025 con funzioni di vigilanza sul rispetto dei diritti delle persone con disabilità, contrasto dei fenomeni di discriminazione diretta e indiretta, ricezione di segnalazioni, formulazione di raccomandazioni.
Il nostro ordinamento annovera poi leggi relative alla non discriminazione e alla parità di trattamento delle persone con disabilità in alcuni settori specifici, quali l’ambito lavorativo o scolastico, oltre ad aver recepito dal diritto internazionale le disposizioni introdotte dalla Carta di Nizza relativamente al diritto per le persone con disabilità a beneficiare di misure volte a garantire la loro autonomia e la partecipazione alla vita comunitaria e l’obbligo di non discriminazione per tutti gli Stati Membri. In tale contesto normativo, la ratifica, da parte dell’Italia, della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità rappresenta un cambio di paradigma perché considera la disabilità stessa come la conseguenza di un ambiente non inclusivo che ostacola la piena e autonoma partecipazione alla società, in condizioni di parità con gli altri, per coloro che presentano forme di handicap o altre limitazioni fisiche, mentali o sensoriali, a carattere duraturo. In quest’ottica, il divieto di discriminazione, in capo agli Stati Parti, va letto in termini di promozione, protezione e garanzia del godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali per tutte le persone con disabilità, intervenendo in modo efficace per rimuovere gli ostacoli che impediscono l’accessibilità, la mobilità, la tutela della salute, l’inclusione scolastica, l’inserimento lavorativo e la piena e autonoma partecipazione alla vita comunitaria. Un approfondimento sul tema della discriminazione sarà affrontato anche all’interno del General comment 3.
focus di approfondimento 2
ACCOMODAMENTO RAGIONEVOLE
La Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità ha introdotto il concetto di accomodamento ragionevole, destinato a influire in maniera significativa sulla regolazione dei diversi ambiti di vita per le persone con disabilità. L’accomodamento ragionevole è definito nell’art. 2 della Convenzione, come le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali. La definizione indica esplicitamente che il rifiuto di attuare soluzioni migliorative, configurabili come accomodamenti, deve essere considerato come una forma di discriminazione delle persone con disabilità. Scopo della Convenzione è porre l’attenzione sul fatto che i limiti fisici, mentali o sensoriali di una persona con disabilità non possono essere pensati come ostacoli alla sua piena e autonoma partecipazione, in condizioni di uguaglianza con gli altri. L’obbligo di attuare accomodamenti ragionevoli, che devono essere individualizzati rispetto alle necessità del soggetto richiedente, sorge ove ve ne sia necessità e in casi specifici, purché questo, come recita l’art. 2, non imponga un onere sproporzionato o eccessivo (in termini di costi, risorse, effetti sulla struttura organizzativa, effetti sui terzi) per chi deve realizzarlo.
Gli esempi di accomodamento ragionevole possono essere molteplici. Tra questi, adeguamenti strutturali a edifici o ad attrezzature, modifiche agli orari di lavoro o alle mansioni delle persone con disabilità, presenza di software, sussidi o personale specializzato per facilitare la comunicazione. In linea generale, è possibile affermare che il concetto di accomodamento ragionevole rappresenta un tentativo di adeguamento delle strutture e delle realtà esistenti che, non essendo state progettate in linea con i principi elencati nella Progettazione Universale (si veda la scheda 2), e quindi risultando non adeguate a casi specifici, possono essere, attuando delle soluzioni ragionevoli, adattate alle necessità dei singoli, affinché il loro uso / fruizione non risulti limitativo per una persona con disabilità.
Il concetto di accomodamento ragionevole trova espressione, nel nostro ordinamento, all’interno della Legge 22 dicembre 2021, n. 227, legge delega al Governo in materia di disabilità, e dei suoi tre decreti attuativi
focus di approfondimento 3
ADOZIONE DELLA CONVENZIONE
La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità è stata approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006 a New York, con efficacia a decorrere dal 3 maggio 2008. Rispetto alla totalità degli Stati Membri delle Nazioni Unite, che sono attualmente 193, la Convenzione risulta firmata da 164 Paesi e ratificata da 191, come riportato nella cartina sottostante. Il Protocollo Opzionale risulta invece, ad oggi, condiviso da 104 Nazioni.
Il testo della Convenzione è disponibile in tutte le lingue, ma quelle ufficiali, in cui vengono pubblicati sul sito delle Nazioni Unite i diversi documenti prodotti dal Comitato sono limitate a sei: arabo, cinese, inglese, francese, russo e spagnolo.
Paesi che hanno ratificato (in verde scuro); Paesi firmatari ma che non hanno ancora ratificato (in verde chiaro); Paesi non firmatari (in grigio).
Per approfondire questo argomento puoi leggere l’analisi di Massimiliano Verga e Alessia Lovece del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università degli Studi Milano Bicocca. Clicca qui.