Commento Generale n. 5 del Comitato, relativo all’ art. 19 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità
Il documento in esame è il Commento Generale n. 5 - GE.1719008, pubblicato dal Comitato delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità in data 27 ottobre 2017. Ha per destinatari tutti gli Stati che hanno ratificato la Convenzione e fornisce l’interpretazione ufficiale dell’art. 19 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, relativo al tema della vita indipendente e l’inclusione nella società.
Articolo di riferimento
Art. 19 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità
Stati Parti alla presente Convenzione riconoscono il diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella società, con la stessa libertà di scelta delle altre persone, e adottano misure efficaci ed adeguate al fine di facilitare il pieno godimento da parte delle persone con disabilità di tale diritto e la loro piena integrazione e partecipazione nella società, anche assicurando che:
a) Le persone con disabilità abbiano la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere e non siano obbligate a vivere in una particolare sistemazione;
b) Le persone con disabilità abbiano accesso a una serie di servizi a domicilio o residenziali e ad altri servizi sociali di sostegno, compresa l’assistenza personale necessaria per consentire loro di vivere nella società e di inserirsi e impedire che siano isolate o vittime di segregazione;
c) I servizi e le strutture sociali destinate a tutta la popolazione siano messe a disposizione, su base di uguaglianza con gli altri, delle persone con disabilità e siano adattate ai loro bisogni.
Introduzione
Il Commento sottolinea il radicamento del pregiudizio secondo cui molte persone con disabilità sono ritenute incapaci di vivere in modo indipendente. Questo porta a perpetuare, da parte degli Stati, forme di sostegno economico e sociale volte alla dipendenza o all’istituzionalizzazione, anziché allo sviluppo di possibilità di scelta e vita autonoma per le persone con disabilità. Si ribadisce che il principio cardine alla base dell’art. 19 è l’uguaglianza di valore e di diritti fondamentali per tutte le persone, da cui derivano: il rispetto della dignità, la piena ed effettiva partecipazione e il diritto a vivere in forme autonome e indipendenti, in condizioni di uguaglianza con gli altri, per le persone con disabilità. Un cambiamento radicale e un pieno adempimento di quanto previsto dall’art. 19 deve portare all’attuazione di forme di supporto responsabilizzanti, con strutture create secondo i principi della progettazione universale e servizi inclusivi grazie ad accomodamenti ragionevoli.
La vita indipendente è associata al concetto di inclusione nella società, intesa come la possibilità di partecipare attivamente alla vita sociale, in condizioni di uguaglianza con gli altri. Un concetto fondamentale da rispettare e opposto a quello di esclusione, che porta ad amplificare stigma, segregazione e discriminazione.
Il Commento pone inoltre l’attenzione sulla condizione di povertà che caratterizza diverse persone con disabilità, che può accentuare forme di dipendenza dagli altri e quindi degenerare in situazioni di abuso, violenza e sfruttamento.
Il Commento n. 5, pur riconoscendo dei significativi progressi nell’applicazione dei principi dell’art. 19, ribadisce come il divario tra gli obiettivi prefissati e quelli raggiunti sia ancora molto ampio. Le cause sono da ricercare nella negazione della capacità giuridica, in forme di sostegno inadeguate, in stanziamenti di bilancio insufficienti o volti all’istituzionalizzazione più che all’autonomia, in una mancanza di monitoraggio effettivo e in forme di decentramento inefficace, oltre che nella carenza di strutture e servizi accessibili, sicuri e adattabili.
Contenuto normativo dell’art. 5 della Convenzione
Il Commento n. 5 prevede una sezione dedicata alle definizioni oltre all’analisi per capoversi, in linea con la struttura dell’art. 19 in esame.
Il Commento sottolinea come la possibilità di scegliere dove, come e con chi vivere sia il concetto cardine. Tale diritto è ancora oggi negato a moltissime persone con disabilità, che spesso si trovano a non avere un’alternativa all’istituzionalizzazione o alla dipendenza dalla propria famiglia d’origine.
Si sottolinea come la vita indipendente sia legata all’erogazione di servizi di sostegno e assistenza individualizzati sulla base delle esigenze e dei desideri di ciascuna persona con disabilità. Gli stessi devono essere offerti dagli Stati sia all’interno delle mura domestiche, per garantire la vita indipendente, sia negli ambiti esterni (lavoro, scuole e luoghi culturali e ricreativi) per realizzare l’inclusione effettiva e prevenire l’isolamento e la segregazione. Risulta inoltre necessario garantire la presenza di un numero sufficiente di assistenti personali qualificati, formati e supervisionati, in grado di identificare e realizzare soluzioni che permettano l’attuazione di una vita indipendente e l’inclusione sociale per le persone con disabilità.
L’art. 19 prevede il duplice concetto di vita indipendente, legato alla sfera individuale, e di inclusione nella società, connesso alla dimensione sociale. Tutte le politiche, da parte degli Stati Parti, devono volgere alla deistituzionalizzazione, con la garanzia di tutela dei diritti delle persone con disabilità in condizioni di uguaglianza con gli altri, nel rispetto degli stili di vita legati alla propria identità culturale.
Il concetto di deistituzionalizzazione prevede non solo la chiusura degli Istituti per le persone con disabilità, ma l’attuazione di programmi di sensibilizzazione e la predisposizione di servizi progettati per essere accessibili a tutti i membri della comunità e l’abolizione di tutto ciò che limita le scelte delle persone con disabilità.
Il riconoscimento della capacità legale e il sistema giuridico sono la base per la realizzazione di una vita indipendente nella collettività: il riconoscimento effettivo della capacità giuridica e della capacità legale sanciti nell’art. 12 della Convenzione come spiegato nel Commento generale n. 1[1].
La piena attuazione dell’art. 19 non può prescindere da una serie di altre tappe intermedie: il diritto a un alloggio sicuro e accessibile, piani concreti di attuazione della vita indipendente basati su servizi di assistenza e supporto specificamente progettati per le persone con disabilità, il monitoraggio sull’effettiva applicazione delle disposizioni in esame e relativi provvedimenti in caso di violazioni, l’utilizzo di qualsiasi finanziamento possibile per sviluppare servizi inclusivi e di vita indipendente.
[1] Art. 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità - Uguale riconoscimento di fronte alla legge: “Gli Stati Parte ribadiscono il diritto delle persone disabili ad essere riconosciute ovunque come persone nei confronti della legge. Gli Stati Parte riconoscono alle persone disabili il diritto a godere delle stesse facoltà giuridiche delle altre persone in tutti gli aspetti della vita. Gli Stati Parte adotteranno le misure necessarie a garantire l’accesso delle persone disabili al sostegno di cui potrebbero avere bisogno nell’esercizio delle loro facoltà giuridiche. Gli Stati Parte verificheranno che tutte le misure relative all’esercizio delle facoltà giuridiche prevedano forme appropriate ed efficaci di tutela al fine di prevenire gli abusi, conformemente alla legislazione internazionale in materia di diritti umani. Tali forme di tutela dovranno garantire che le misure relative all’esercizio delle facoltà giuridiche rispettino i diritti, le volontà e le preferenze della persona, siano esenti da conflitti di interesse e indebite influenze, siano proporzionate e adeguate alla situazione della persona, si applichino per il minor tempo possibile e siano regolarmente sottoposte alla revisione da parte di un’autorità o di un organo giudiziario competente, imparziale e indipendente. Le tutele saranno commisurate al grado in cui tali misure incidono sui diritti e sugli interessi della persona […]”.
Obblighi degli Stati Parti
Il Commento in esame specifica che gli obblighi degli Stati Parti in materia, devono riflettere la natura dei diritti umani. Agli Stati Parti è data massima libertà rispetto alle modalità e all’attuazione programmatica nella realizzazione degli interventi volti alla vita indipendente per le persone con disabilità, ma non sono concesse deroghe rispetto agli obiettivi da raggiungere, in linea con le disposizioni dell’art. 19.
Gli obblighi degli Stati si si possono riassumere nelle seguenti tre tipologie:
Obbligo di adempiere a quanto previsto dall’art. 19, inteso come attuazione concreta di riforme strutturali che migliorino l’accessibilità (cfr. General Comment 2) e promuovano la deistituzionalizzazione, con un approccio coordinato a tutti i livelli e con il coinvolgimento diretto delle persone con disabilità anche nella fase programmatico-decisionale. Tale obbligo ricomprende anche forme di sostegno diretto ai familiari delle persone con disabilità, per tutti gli interventi e le scelte volti a favorirne la vita indipendente e l’inclusione nella società.
Rapporto con altre disposizioni della Convenzione
Il diritto a una vita indipendente e all’inclusione nella società, sanciti dall’art. 19 della Convenzione, risulta essere strettamente connesso con molti altri principi contenuti nella Convenzione. Nello specifico si individua una correlazione con questi articoli:
Art. 4: Obblighi generali
Art. 5: Uguaglianza e non discriminazione
Art. 6: discriminazione donne con disabilità
Art. 7: Minori con disabilità
Art. 8: Accrescimento della consapevolezza
Art. 9: Accessibilità
Art. 12: Uguale riconoscimento dinanzi alla legge
Art. 13: Accesso alla giustizia
Art. 14: Libertà e sicurezza della persona
Art. 16: Diritto di non essere sottoposto a sfruttamento, violenza e maltrattamenti
Art. 20: Mobilità personale
Art. 21: Libertà di espressione e opinione e accesso all’informazione
Art. 22: Rispetto della vita privata
Art. 23: Rispetto del domicilio e della famiglia
Art. 24: Educazione
Art. 25: Salute
Art. 27: Lavoro e occupazione
Art. 28: Adeguati livelli di vita e protezione sociale
Art. 31: Statistiche e raccolta dei dati
Art. 32: Cooperazione internazionale.
Attuazione a livello nazionale
Il Comitato, pur riconoscendo che l’attuazione di quanto previsto dall’art. 19 non sia di semplice realizzazione per gli Stati Parti, pone l’accento sulle misure che gli stessi devono adottare per raggiungere gli obiettivi prefissati. Tra queste sono previste: l’abrogazione di tutte le leggi che impediscono alle persone con disabilità l’esercizio del diritto a una vita indipendente e dunque la scelta su dove, come e con chi vivere; l’emanazione di disposizioni volte a rendere tutti gli ambienti realmente accessibili; l’incremento di politiche di informazione e sensibilizzazione; la partecipazione delle persone con disabilità in forma diretta o attraverso le proprie organizzazioni rappresentative; lo stanziamento di fondi adeguati per garantire servizi di supporto e assistenza personale programmati e gestiti dalle persone con disabilità sulla base delle proprie esigenze personali; l’attuazione di un monitoraggio costante ed effettivo sugli adempimenti previsti dall’art. 19 e dal presente Commento.
focus di approfondimento 1
LINEE COMUNI E NORMATIVA INTERNA per la promozione della vita indipendente
A giugno 2016, con un anno di anticipo rispetto all’emanazione del Commento Generale n. 5, L’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità (approfondimento all’interno Contesto normativo e istituzionale), ha emanato lo SCHEMA DI LINEE COMUNI PER L’APPLICAZIONE DELL’ART. 19 della Convenzione in Italia.
Sulla base del principio, espresso dalla Convenzione, secondo cui le persone con disabilità devono poter scegliere dove, come e con chi vivere, vengono presentati i sostegni e i servizi per l’abitare. Al fine di favorirne l’applicazione concreta, sono riportate delle raccomandazioni operative, che culminano nella sezione “Buone prassi e modelli organizzativi” che prevede tre tipologie di attività progettuali:
Una specifica sezione è poi dedicata alle varie tipologie di intervento economico e alle voci di spesa finanziate, in linea con l’orientamento volto a sostenere percorsi di autodeterminazione e indipendenza e contrastare le diverse forme di istituzionalizzazione esistenti.
Attorno al concetto cardine di vita indipendente, vengono introdotti quelli di progetto personale, progetto per la vita indipendente, budget per la cura, assistenza diretta e personale autogestita, consulenza alla pari, sostegni e servizi per l’abitare.
È importante riportare un’altra Legge in cui il diritto a una vita indipendente è stato formalmente regolamentato in Italia, ossia la Legge 22 giugno 2016, n. 112 Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare, altresì denominata Legge sul “Dopo di noi” erroneamente perché pone l’accento sul dopo e non sul durante.
La Legge infatti ha istituito un Fondo, determinato su scala nazionale e ripartito tra le Regioni per erogare un contributo a fronte della valutazione dei bisogni da parte dell’Unità Valutativa Multidisciplinare (equipe di specialisti con la partecipazione dei Comuni) e la conseguente elaborazione di un Progetto Personalizzato. Questo deve prevedere il coinvolgimento attivo della persona con disabilità e/o chi ne esercita la tutela. I beneficiari di questi contributi sono solo le persone con disabilità grave (così come previsto dall’art. 3 della Legge 104/92), la cui condizione di disabilità non sia dettata dal naturale invecchiamento o dalla generale condizione di senilità, che siano prive del sostegno familiare (assenza o incapacità di assistenza da parte di entrambi i genitori).
Tra le forme di intervento finanziate si prevedono:
focus di approfondimento 2
LINEE GUIDA SULLA DEISTITUZIONALIZZAZIONE, ANCHE IN CASO DI EMERGENZA
Scopo e processo
A settembre 2022 il Comitato ha emanato, a integrazione del Commento Generale n. 5, le Linee Guida volte a sostenere gli Stati Parti nell’impegno di realizzare progetti di vita indipendente che prevedano una partecipazione attiva delle persone con disabilità nella società. Occorre sottolineare che il documento, che ha visto il coinvolgimento nella sua elaborazione di oltre 500 persone con disabilità, prende avvio dopo la pandemia causata dal COVID-19, situazione che ha fatto emergere e ha amplificato numerosi fenomeni di istituzionalizzazione.
Obblighi degli Stati Parti
Il documento sottolinea la non conformità dei processi di istituzionalizzazione rispetto a quanto previsto dalla Convenzione. Nello specifico, le pratiche di istituzionalizzazione rappresentano forme di discriminazione, in aperta contraddizione con l’art. 5; negano la capacità giuridica delle persone interessate, eludendo quanto previsto dall’art. 12; espongono le persone con disabilità a forme di maltrattamenti, torture e interventi medici forzati, violando le disposizioni di cui agli artt. 15, 16, 17, 25.
Agli Stati Parti viene chiesto di abolire ogni forma di istituzionalizzazione, che non deve essere interpretata come forma di protezione delle persone con disabilità o usata per ovviare alla mancanza di servizi e sostegno all’interno della comunità.
Elementi chiave dei processi di deistituzionalizzazione
Il documento individua alcuni elementi che caratterizzano le istituzioni, siano esse luoghi di assistenza sociale, case-famiglia, case di cura, istituti psichiatrici, ospedali per lungodegenti o centri di riabilitazione diversi da quelli utilizzati dalle altre persone prive di disabilità. Tali strutture sono da considerarsi come forme di istituzionalizzazione se sono caratterizzate da:
Rispetto al processo di deistituzionalizzazione:
Deistituzionalizzazione fondata su un approccio intersezionale
Una persona che è stata collocata in un Istituto potrebbe riscontrare delle difficoltà, anche in ambito decisionale, nella fase iniziale di una vita indipendente. Risulta indispensabile, dunque, forme di sostegno che prevedano innanzitutto la scelta, da parte della persona interessata, del soggetto che eroga assistenza. Il coinvolgimento dei familiari dovrebbe essere permesso solo su esplicito consenso della persona con disabilità; agli stessi va però garantito un adeguato supporto in termini economici e sociali. Il documento richiama il concetto di discriminazione multipla e intersezionale, ribadendo che, così come ogni individuo ha diversi elementi che lo caratterizzano, allo stesso modo, anche le persone con disabilità, oltre all’handicap, hanno peculiarità dettate dall’età, dall’identità di genere, dalla razza, dalla lingua e dalle proprie convinzioni, da cui discende la necessità di una personalizzazione degli interventi.
Quadri giuridici e politici abilitanti
Il documento ribadisce che tutta la legislazione vigente, se volta al mantenimento di percorsi di istituzionalizzazione, dovrebbe essere abrogata. Il primo passo importante in questa direzione è dato dal riconoscimento effettivo, per tutte le persone con disabilità, della propria capacità giuridica², del diritto di accesso alla giustizia (con rimedi efficaci contro le istituzionalizzazioni), alla libertà e alla sicurezza della persona, oltre che alla piena applicazione dei principi di uguaglianza e non discriminazione. Occorre effettuare un’analisi volta a fare emergere i servizi esistenti a sostegno di percorsi di vita indipendente e avviare un piano di deistituzionalizzazione strutturato, con scadenze precise e da avviare senza ritardi, utilizzando al meglio le risorse disponibili.
2 La capacità giuridica è l’attitudine di un soggetto di essere titolare di situazioni giuridiche attive e passive. L’art. 1 del Codice civile ci dice che la capacità giuridica si acquista automaticamente con la nascita, quindi, per intenderci, un neonato anche se dovesse morire subito dopo la nascita, acquista la capacità giuridica, e quindi può essere titolare di diritti e quindi trasmetterli anche ai suoi eredi.
Servizi, sistemi e reti di supporto alla comunità inclusiva
Le Linee Guida offrono alcuni esempi di elementi indispensabili per il processo di deistituzionalizzazione.
Accanto a questi, occorre prevedere dei servizi effettivi, accessibili e disponibili per tutte le persone con disabilità, organizzati sulla base del modello dei diritti umani, ossia nel pieno rispetto della volontà e delle preferente della persona interessata. Tali servizi devono essere collegati e integrati nella rete di quelli previsti per l’intera comunità, al fine di non amplificare l’isolamento e la segregazione. Occorre anche andare oltre rispetto a quanto già erogato dal sistema sanitario, prevedendo servizi progettati con criteri innovativi e non solo secondo i tradizionali canoni medici. Nella consapevolezza che la povertà economica rappresenta una delle principali cause dell’istituzionalizzazione, si raccomanda che la persona con disabilità venga supportata anche sul piano finanziario, attraverso contributi che garantiscano la sicurezza di un reddito base, con la copertura delle spese sanitarie e di assistenza.
Deistituzionalizzazione
L’istituzionalizzazione non può e non deve essere considerata una soluzione percorribile nemmeno in casi di emergenza, sia essa dovuta a calamità naturali, condizioni pandemiche o conflitti. Agli Stati Parti viene chiesto di dare priorità alle persone con disabilità durante queste situazioni, mettendo in atto delle soluzioni che ne garantiscano la tutela ed evitino l’istituzionalizzazione.
Rimedi, riparazioni e risarcimenti
Le persone con disabilità che hanno subito processi di istituzionalizzazione devono essere considerate come vittime di forme di violazione multipla dei diritti elencati nella Convenzione. Per tale motivo, gli Stati Parti dovrebbero prevedere percorsi efficaci ed accessibili di accesso alla giustizia per denunciare quanto subito, così come forme di risarcimento automatico e percorsi di riabilitazione volti a favorire l’inserimento nella società delle persone con disabilità interessate.
Dati, monitoraggio e cooperazione internazionale
Si raccomanda agli Stati Parti di raccogliere in maniera sistematica tutti i dati relativi agli Istituti e alle persone con disabilità in essi collocati, sottolineando le peculiarità individuali delle stesse, al fine di avviare percorsi mirati per la loro deistituzionalizzazione. Occorre prevedere dei meccanismi trasparenti ed efficaci di monitoraggio dei processi di istituzionalizzazione, con la partecipazione attiva delle persone con disabilità, che prosegua fino alla chiusura definitiva di tutte le strutture che possono essere considerate come Istituti. Il processo di deistituzionalizzazione prevede delle riforme complesse e importanti in molti ambiti. Un impegno ingente, che può essere facilitato dalla cooperazione internazionale.
focus di approfondimento 3
TRASFORMAZIONE DEI SERVIZI PER LE PERSONE CON DISABILITÀ - Rapporto del Relatore Speciale Gerard Quinn
A febbraio 2023 è stato pubblicato il rapporto del Relatore Speciale sui diritti delle persone con disabilità, Gerard Quinn, che ricopre questo incarico da ottobre 2020, ha evidenziato nella sua relazione i progressi politico – legislativi compiuti negli ambiti relativi all’occupazione, alla vita indipendente e, più in generale, al rispetto dei diritti umani per le persone con disabilità. Il rapporto non si limita però a una mera analisi sul tema, ma propone una rivisitazione dei servizi attualmente disponibili, attraverso l’attuazione di modelli che siano basati sull’individuo e non sui limiti imposti dalle menomazioni e che vedano le persone con disabilità come protagoniste attive dei propri progetti di vita anziché come destinatarie passive di assistenza.
Sono inoltre state avviate ampie consultazioni regionali in Africa, America Latina, Medio Oriente e Sudafrica.
La parte indubbiamente più innovativa è quella intitolata “reimmaginare i servizi nel ventunesimo secolo”.
Gerard Quinn ha terminato il suo mandato a ottobre 2023. Al suo posto, nel ruolo di Relatore Speciale è stata nominata Heba Hagrass.
focus di approfondimento 4
LEGGE DELEGA N. 227 / 2021 SULLA DISABILITÀ E DECRETI ATTUATIVI
Una novità di rilievo nell’ordinamento interno Italiano, nell’ambito del diritto alla vita indipendente sancito dall’art. 19 della Convenzione, è costituita dalla Legge 22 dicembre 2021, n. 227, che delega al Governo il compito di emanare decreti legislativi attuativi in materia di disabilità entro il termine di 24 mesi a decorrere dalla sua entrata in vigore, il 31 dicembre 2021.
Si tratta di una legge articolata, sintetizzabile negli obiettivi descritti di seguito:
Si registra, ad oggi, l’approvazione da parte del Governo di tre decreti legislativi attuativi
Il decreto risulta complesso e articolato; se ne propongono, senza pretesa di esaustività, le principali disposizioni.
A livello di definizioni, tutte le espressioni finora utilizzate in questo ambito vengono sostituite da “persona con disabilità”, mentre i termini relativi alla gravità della condizione di disabilità saranno convertiti dalla dicitura “con necessità di sostegno o sostegno intensivo”. Gli interventi non saranno quindi più disposti sulla base della natura e della consistenza della minorazione, ma in virtù della necessità di sostegno (lieve o medio) o sostegno intensivo (elevato o molto elevato).
È prevista un’unificazione delle procedure di accertamento dell’invalidità, con l’eliminazione delle visite di revisione (salvo in casi specifici) e l’attribuzione di tutte le relative competenze all’INPS, con il superamento delle Commissioni Integrate fino ad ora operanti.
L’individuazione delle prestazioni a favore delle persone con disabilità avviene all’esito della valutazione di base, il cui procedimento prende avvio con la trasmissione all’INPS del certificato medico introduttivo, integrato da tutta la documentazione medica.
focus di approfondimento 5
CAREGIVER: opinioni adottate dal Comitato sulla comunicazione n. 51/2018
In data 3 ottobre 2022, il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti delle persone con disabilità, accettando il ricorso presentato da M.S.B., ha condannato l’Italia per il mancato riconoscimento giuridico della figura dei caregiver. Il Comitato ha riscontrato nella situazione descritta dalla ricorrente una violazione dei diritti delle persone con disabilità.
Si tratta di una vicenda importante. Il documento CRPD/C/27/D/51/2018, denominato Opinioni adottate dal Comitato ai sensi dell'art. 5 del Protocollo facoltativo, riguardante la comunicazione N. 51/2018, risulta articolato in tre parti:
La prima sezione espone i fatti e, nello specifico, il reclamo presentato dalla ricorrente, le osservazioni dello Stato Parte sull’ammissibilità e sul merito del ricorso e i successivi commenti della ricorrente sulla memoria dello Stato Parte.
La ricorrente, Presidente dell'Associazione CNFDGG Coordinamento famiglie disabili gravi e gravissimi, lamenta una lacuna legislativa nell’ordinamento italiano, che non prevede alcun riconoscimento giuridico, e dunque sostegno sociale, per i caregiver familiari di persone con disabilità. La ricorrente presta assistenza continuativa alla figlia e al partner, entrambi persone con grave disabilità, un compito che le ha impedito di proseguire l’attività lavorativa, perdendo con essa anche ogni forma di sostegno economico, fatto salvo un esiguo assegno riconosciuto alla persona con disabilità, insufficiente anche solo per coprire le spese sostenute per le cure.
Lo Stato italiano ritiene che il reclamo debba essere considerato inammissibile in quanto la ricorrente non ha preventivamente esaurito tutte le vie di ricorso interne, requisito indispensabile per procedere. Nello specifico, la ricorrente, tramite l’Associazione CNGFDGG ha precedentemente intentato una causa contro l’INPS, per richiedere il pagamento delle prestazioni sociali e previdenziali in qualità di caregiver, ma la stessa è stata respinta nel 2014 dai tribunali di Milano e Roma. La ricorrente, dunque, prima di interpellare il Comitato, avrebbe dovuto procedere impugnando tali decisioni.
Per quanto riguarda il merito del reclamo, lo Stato italiano ricorda l’esistenza, nell’ordinamento vigente, di numerose disposizioni di legge a favore sia delle persone con disabilità, sia dei loro familiari. Nello specifico, a livello di permessi lavorativi concessi ai familiari, e dunque ai caregiver, di persone con disabilità, si rammentano i tre giorni mensili; la possibilità di usufruire di un congedo straordinario retribuito di due anni e il congedo parentale di tre anni. Rispetto al sostegno economico, sono invece ricordati il "fondo per la non autosufficienza" e il "fondo per il sostegno del ruolo di cura e assistenza del caregiver familiare".
Si sottolinea come nessuno degli atti legislativi citati offra una sicurezza sociale ai caregiver familiari (a livello di tutela del lavoro, di accesso agli alloggi, di agevolazioni fiscali e di servizi previdenziali), così come nessuno dei contributi elencati risulti sufficiente a coprire le spese di assistenza, che sono in ogni caso destinati solo alla persona con disabilità e non al familiare che la assiste.
Si evidenzia che le misure legislative previste rappresentano misure di supporto generali che, in quanto non individualizzate, risultano essere insufficienti per ovviare ai bisogni del caso in questione. Si sottolinea come l’assenza o l’inadeguatezza di forme di sostegno adeguate a livello finanziario, sociale, di consulenza, di sollievo – assistenza, equivalga di fatto a una lesione dei diritti, ai sensi dell’art. 19 Vita indipendente e inclusione nella società della Convenzione, anche della figlia e del compagno della ricorrente del ricorso.
Nel caso in esame, il Comitato prende atto delle dichiarazioni della ricorrente, di fatto non smentite dalla replica dello Stato Parte, e afferma che, sulla base delle informazioni raccolte, non sono state messe in atto misure volte a favorire l’inclusione e la partecipazione nella comunità locale. L’incapacità riscontrata da Parte dello Stato, nel garantire un sostegno adeguato al diritto alla casa e alla famiglia, deve essere letto come forma di lesione dell’art. 23 Rispetto del domicilio e della famiglia della Convenzione. Il Comitato esprime inoltre preoccupazione per la mancanza di standard minimi di assistenza sociale e per una variabilità regionale nell’erogazione dei servizi, che rappresentano una lesione delle disposizioni di cui all’art. 28 Adeguati livelli di vita e protezione sociale della Convenzione. Si prende inoltre atto di quanto affermato dalla ricorrente relativamente alla discriminazione per associazione di cui è stata vittima in ambito lavorativo, estendendo la portata del suo intervento, si ricorda che il principio di parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro è stato ribadito anche dalla Corte di Giustizia Europea e dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.
Successivamente è stata conferita la delega ai Ministri delle Disabilità e del Lavoro e delle Politiche Sociali per predisporre interventi legislativi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico dell'attività di cura non professionale svolta dal caregiver familiare, al fine di delinearne il ruolo all’interno di un sistema integrato di presa in carico della persona con disabilità.
Oltre alla previsione del Fondo per i caregiver familiari, istituito dalla Legge di Bilancio 2018, con risorse ripartite su base regionale, i lavori per la definizione giuridica dei caregiver sono stati avviati a gennaio 2024 con l’istituzione del “Tavolo tecnico per l’analisi e la definizione di elementi utili per una legge statale sui caregiver familiari”.