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VITA INDIPENDENTE ED INCLUSIONE NELLA SOCIETÀ - LIVING INDEPENDENTLY AND BEING INCLUDED IN THE COMMUNITY

Commento Generale n. 5 del Comitato, relativo all’ art. 19 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità

Il documento in esame è il Commento Generale n. 5 - GE.1719008, pubblicato dal Comitato delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità in data 27 ottobre 2017. Ha per destinatari tutti gli Stati che hanno ratificato la Convenzione e fornisce l’interpretazione ufficiale dell’art. 19 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, relativo al tema della vita indipendente e l’inclusione nella società.

 

Articolo di riferimento

Art. 19 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità

Stati Parti alla presente Convenzione riconoscono il diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella società, con la stessa libertà di scelta delle altre persone, e adottano misure efficaci ed adeguate al fine di facilitare il pieno godimento da parte delle persone con disabilità di tale diritto e la loro piena integrazione e partecipazione nella società, anche assicurando che:

a) Le persone con disabilità abbiano la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere e non siano obbligate a vivere in una particolare sistemazione;

b) Le persone con disabilità abbiano accesso a una serie di servizi a domicilio o residenziali e ad altri servizi sociali di sostegno, compresa l’assistenza personale necessaria per consentire loro di vivere nella società e di inserirsi e impedire che siano isolate o vittime di segregazione;

c) I servizi e le strutture sociali destinate a tutta la popolazione siano messe a disposizione, su base di uguaglianza con gli altri, delle persone con disabilità e siano adattate ai loro bisogni.

 

Introduzione

Il Commento sottolinea il radicamento del pregiudizio secondo cui molte persone con disabilità sono ritenute incapaci di vivere in modo indipendente. Questo porta a perpetuare, da parte degli Stati, forme di sostegno economico e sociale volte alla dipendenza o all’istituzionalizzazione, anziché allo sviluppo di possibilità di scelta e vita autonoma per le persone con disabilità. Si ribadisce che il principio cardine alla base dell’art. 19 è l’uguaglianza di valore e di diritti fondamentali per tutte le persone, da cui derivano: il rispetto della dignità, la piena ed effettiva partecipazione e il diritto a vivere in forme autonome e indipendenti, in condizioni di uguaglianza con gli altri, per le persone con disabilità. Un cambiamento radicale e un pieno adempimento di quanto previsto dall’art. 19 deve portare all’attuazione di forme di supporto responsabilizzanti, con strutture create secondo i principi della progettazione universale e servizi inclusivi grazie ad accomodamenti ragionevoli.

La vita indipendente è associata al concetto di inclusione nella società, intesa come la possibilità di partecipare attivamente alla vita sociale, in condizioni di uguaglianza con gli altri. Un concetto fondamentale da rispettare e opposto a quello di esclusione, che porta ad amplificare stigma, segregazione e discriminazione.

Il Commento pone inoltre l’attenzione sulla condizione di povertà che caratterizza diverse persone con disabilità, che può accentuare forme di dipendenza dagli altri e quindi degenerare in situazioni di abuso, violenza e sfruttamento.

Il Commento n. 5, pur riconoscendo dei significativi progressi nell’applicazione dei principi dell’art. 19, ribadisce come il divario tra gli obiettivi prefissati e quelli raggiunti sia ancora molto ampio. Le cause sono da ricercare nella negazione della capacità giuridica, in forme di sostegno inadeguate, in stanziamenti di bilancio insufficienti o volti all’istituzionalizzazione più che all’autonomia, in una mancanza di monitoraggio effettivo e in forme di decentramento inefficace, oltre che nella carenza di strutture e servizi accessibili, sicuri e adattabili.         

 

Contenuto normativo dell’art. 5 della Convenzione

Il Commento n. 5 prevede una sezione dedicata alle definizioni oltre all’analisi per capoversi, in linea con la struttura dell’art. 19 in esame.

  1. Definizioni e principi portanti:
    • Vivere in maniera indipendente, che non deve essere confuso con il concetto di vivere da soli, prevede che alle persone con disabilità siano forniti tutti i mezzi per poter esercitare la propria indipendenza, autonomia e autodeterminazione, esprimendo, tramite scelte personali il proprio stile di vita e dunque la propria identità;
    • Essere inclusi nella collettività, con richiamo ai principi generali introdotti dall’art. 3 della Convenzione, implica il diritto, per le persone con disabilità, di accedere a tutti i servizi offerti al pubblico, nonché di partecipare a tutti gli ambiti della vita sociale per vivere una vita sociale completa;
    • Libertà di scelta. Il principio di deistituzionalizzazione deve essere collegato necessariamente a riforme strutturali che vadano oltre la semplice chiusura dei contesti istituzionalizzanti, e prevede non solo di poter accedere a strutture prive di barriere architettoniche o comunque limitanti, ma di poter condurre uno stile di vita che prevede scelte non imposte o controllate da altri rispetto a dove, come e con chi vivere;
    • Assistenza personale, fondamentale per garantire l’attuazione della vita indipendente per le persone con disabilità, prevede che le stesse possano scegliere chi eroga loro tale assistenza, le modalità e i tempi di attuazione e la non condivisione dell’operatore con altre persone con disabilità. Richiede inoltre che i finanziamenti per la copertura dei costi di questo servizio siano forniti alla persona con disabilità allo scopo di pagare l’eventuale assistenza richiesta, valutata sulla base dei propri bisogni individuali e non erogata con misure standardizzate. È possibile prevedere eventuali strumenti di supporto decisionale, per il controllo dell’assistenza personale, ma ogni decisione che sostituisca, anziché limitarsi a supportare, la persona con disabilità, deve essere considerata non in linea con le disposizioni dell’art. 19.

Il Commento sottolinea come la possibilità di scegliere dove, come e con chi vivere sia il concetto cardine. Tale diritto è ancora oggi negato a moltissime persone con disabilità, che spesso si trovano a non avere un’alternativa all’istituzionalizzazione o alla dipendenza dalla propria famiglia d’origine.

Si sottolinea come la vita indipendente sia legata all’erogazione di servizi di sostegno e assistenza individualizzati sulla base delle esigenze e dei desideri di ciascuna persona con disabilità. Gli stessi devono essere offerti dagli Stati sia all’interno delle mura domestiche, per garantire la vita indipendente, sia negli ambiti esterni (lavoro, scuole e luoghi culturali e ricreativi) per realizzare l’inclusione effettiva e prevenire l’isolamento e la segregazione. Risulta inoltre necessario garantire la presenza di un numero sufficiente di assistenti personali qualificati, formati e supervisionati, in grado di identificare e realizzare soluzioni che permettano l’attuazione di una vita indipendente e l’inclusione sociale per le persone con disabilità.

L’art. 19 prevede il duplice concetto di vita indipendente, legato alla sfera individuale, e di inclusione nella società, connesso alla dimensione sociale. Tutte le politiche, da parte degli Stati Parti, devono volgere alla deistituzionalizzazione, con la garanzia di tutela dei diritti delle persone con disabilità in condizioni di uguaglianza con gli altri, nel rispetto degli stili di vita legati alla propria identità culturale.

Il concetto di deistituzionalizzazione prevede non solo la chiusura degli Istituti per le persone con disabilità, ma l’attuazione di programmi di sensibilizzazione e la predisposizione di servizi progettati per essere accessibili a tutti i membri della comunità e l’abolizione di tutto ciò che limita le scelte delle persone con disabilità.

Il riconoscimento della capacità legale e il sistema giuridico sono la base per la realizzazione di una vita indipendente nella collettività: il riconoscimento effettivo della capacità giuridica e della capacità legale sanciti nell’art. 12 della Convenzione come spiegato nel Commento generale n. 1[1].

La piena attuazione dell’art. 19 non può prescindere da una serie di altre tappe intermedie: il diritto a un alloggio sicuro e accessibile, piani concreti di attuazione della vita indipendente basati su servizi di assistenza e supporto specificamente progettati per le persone con disabilità, il monitoraggio sull’effettiva applicazione delle disposizioni in esame e relativi provvedimenti in caso di violazioni, l’utilizzo di qualsiasi finanziamento possibile per sviluppare servizi inclusivi e di vita indipendente.

[1] Art. 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità - Uguale riconoscimento di fronte alla legge: “Gli Stati Parte ribadiscono il diritto delle persone disabili ad essere riconosciute ovunque come persone nei confronti della legge. Gli Stati Parte riconoscono alle persone disabili il diritto a godere delle stesse facoltà giuridiche delle altre persone in tutti gli aspetti della vita. Gli Stati Parte adotteranno le misure necessarie a garantire l’accesso delle persone disabili al sostegno di cui potrebbero avere bisogno nell’esercizio delle loro facoltà giuridiche. Gli Stati Parte verificheranno che tutte le misure relative all’esercizio delle facoltà giuridiche prevedano forme appropriate ed efficaci di tutela al fine di prevenire gli abusi, conformemente alla legislazione internazionale in materia di diritti umani. Tali forme di tutela dovranno garantire che le misure relative all’esercizio delle facoltà giuridiche rispettino i diritti, le volontà e le preferenze della persona, siano esenti da conflitti di interesse e indebite influenze, siano proporzionate e adeguate alla situazione della persona, si applichino per il minor tempo possibile e siano regolarmente sottoposte alla revisione da parte di un’autorità o di un organo giudiziario competente, imparziale e indipendente. Le tutele saranno commisurate al grado in cui tali misure incidono sui diritti e sugli interessi della persona […]”.

 

Obblighi degli Stati Parti

Il Commento in esame specifica che gli obblighi degli Stati Parti in materia, devono riflettere la natura dei diritti umani. Agli Stati Parti è data massima libertà rispetto alle modalità e all’attuazione programmatica nella realizzazione degli interventi volti alla vita indipendente per le persone con disabilità, ma non sono concesse deroghe rispetto agli obiettivi da raggiungere, in linea con le disposizioni dell’art. 19.

Gli obblighi degli Stati si si possono riassumere nelle seguenti tre tipologie:

  • Obbligo di rispetto, inteso come astenersi dall’intervenire, direttamente o indirettamente, limitando il diritto a una vita indipendente per le persone con disabilità. Include, inoltre, l’obbligo di eliminare regimi decisionali che si sostituiscono all’interessato, prevedendo, all’occorrenza, eventuali forme decisionali supportate; in Italia significa eliminare gli istituti dell’interdizione, dell’inabilitazione e dell’amministratore di sostegno.
  • Obbligo di non discriminazione per quanto riguarda l'accesso e la fruizione dei servizi e sostegni di supporto. Gli Stati membri devono definire criteri di ammissibilità e procedure per accedere ai servizi e ai sostegni in modo non discriminatorio, obiettivamente e focalizzati sui requisiti della persona piuttosto che sulla menomazione, seguendo un approccio conforme ai diritti umani.
  • Un obbligo generale che prevede che le forme di sostegno attivate siano accessibili e fruibili da tutti, sulla base delle esigenze personali e che i finanziamenti non siano volti a perpetuare forme di istituzionalizzazione, in qualunque forma siano esse realizzate. Obbligo di maggior attenzione anche per le donne e le ragazze con disabilità che subiscono discriminazioni di genere, multiple e intersezionali, istituzionalizzazione, violenza, inclusi abusi di violenza sessuale e molestie sessuali. Gli Stati membri devono fornire servizi di assistenza e supporti legali a prezzi economici o gratuiti per le vittime di violenze e abusi. Le donne con disabilità che subiscono violenza domestica sono spesso le più economicamente, fisicamente o emotivamente dipendenti dai loro caregivers e quindi si trovano in una situazione che impedisce di liberarsi da relazioni di abuso e porta ad un ulteriore isolamento sociale. Pertanto, quando si applica il diritto di vivere in modo indipendente e di essere inclusi nella collettività, un'attenzione particolare deve essere rivolta all'uguaglianza di genere, con l'eliminazione della discriminazione basata sul genere.

Obbligo di adempiere a quanto previsto dall’art. 19, inteso come attuazione concreta di riforme strutturali che migliorino l’accessibilità (cfr. General Comment 2) e promuovano la deistituzionalizzazione, con un approccio coordinato a tutti i livelli e con il coinvolgimento diretto delle persone con disabilità anche nella fase programmatico-decisionale. Tale obbligo ricomprende anche forme di sostegno diretto ai familiari delle persone con disabilità, per tutti gli interventi e le scelte volti a favorirne la vita indipendente e l’inclusione nella società.   

 

Rapporto con altre disposizioni della Convenzione

Il diritto a una vita indipendente e all’inclusione nella società, sanciti dall’art. 19 della Convenzione, risulta essere strettamente connesso con molti altri principi contenuti nella Convenzione. Nello specifico si individua una correlazione con questi articoli:

Art. 4: Obblighi generali
Art. 5: Uguaglianza e non discriminazione
Art. 6: discriminazione donne con disabilità
Art. 7: Minori con disabilità
Art. 8: Accrescimento della consapevolezza
Art. 9: Accessibilità
Art. 12: Uguale riconoscimento dinanzi alla legge
Art. 13: Accesso alla giustizia
Art. 14: Libertà e sicurezza della persona
Art. 16: Diritto di non essere sottoposto a sfruttamento, violenza e maltrattamenti
Art. 20: Mobilità personale
Art. 21: Libertà di espressione e opinione e accesso all’informazione
Art. 22: Rispetto della vita privata
Art. 23: Rispetto del domicilio e della famiglia
Art. 24: Educazione
Art. 25: Salute
Art. 27: Lavoro e occupazione
Art. 28: Adeguati livelli di vita e protezione sociale
Art. 31: Statistiche e raccolta dei dati
Art. 32: Cooperazione internazionale.

 

Attuazione a livello nazionale

Il Comitato, pur riconoscendo che l’attuazione di quanto previsto dall’art. 19 non sia di semplice realizzazione per gli Stati Parti, pone l’accento sulle misure che gli stessi devono adottare per raggiungere gli obiettivi prefissati. Tra queste sono previste: l’abrogazione di tutte le leggi che impediscono alle persone con disabilità l’esercizio del diritto a una vita indipendente e dunque la scelta su dove, come e con chi vivere; l’emanazione di disposizioni volte a rendere tutti gli ambienti realmente accessibili; l’incremento di politiche di informazione e sensibilizzazione; la partecipazione delle persone con disabilità in forma diretta o attraverso le proprie organizzazioni rappresentative; lo stanziamento di fondi adeguati per garantire servizi di supporto e assistenza personale programmati e gestiti dalle persone con disabilità sulla base delle proprie esigenze personali; l’attuazione di un monitoraggio costante ed effettivo sugli adempimenti previsti dall’art. 19 e dal presente Commento.

 

focus di approfondimento 1
LINEE COMUNI E NORMATIVA INTERNA per la promozione della vita indipendente

A giugno 2016, con un anno di anticipo rispetto all’emanazione del Commento Generale n. 5, L’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità (approfondimento all’interno Contesto normativo e istituzionale), ha emanato lo SCHEMA DI LINEE COMUNI PER L’APPLICAZIONE DELL’ART. 19 della Convenzione in Italia.

Sulla base del principio, espresso dalla Convenzione, secondo cui le persone con disabilità devono poter scegliere dove, come e con chi vivere, vengono presentati i sostegni e i servizi per l’abitare. Al fine di favorirne l’applicazione concreta, sono riportate delle raccomandazioni operative, che culminano nella sezione “Buone prassi e modelli organizzativi” che prevede tre tipologie di attività progettuali:

  • Progetti di vita indipendente
  • Progetti per i sostegni all’abitare in autonomia
  • Progetti per i servizi e sostegni integrati.

Una specifica sezione è poi dedicata alle varie tipologie di intervento economico e alle voci di spesa finanziate, in linea con l’orientamento volto a sostenere percorsi di autodeterminazione e indipendenza e contrastare le diverse forme di istituzionalizzazione esistenti.

Attorno al concetto cardine di vita indipendente, vengono introdotti quelli di progetto personale, progetto per la vita indipendente, budget per la cura, assistenza diretta e personale autogestita, consulenza alla pari, sostegni e servizi per l’abitare.

È importante riportare un’altra Legge in cui il diritto a una vita indipendente è stato formalmente regolamentato in Italia, ossia la Legge 22 giugno 2016, n. 112 Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare, altresì denominata Legge sul “Dopo di noi” erroneamente perché pone l’accento sul dopo e non sul durante.

La Legge infatti ha istituito un Fondo, determinato su scala nazionale e ripartito tra le Regioni per erogare un contributo a fronte della valutazione dei bisogni da parte dell’Unità Valutativa Multidisciplinare (equipe di specialisti con la partecipazione dei Comuni) e la conseguente elaborazione di un Progetto Personalizzato. Questo deve prevedere il coinvolgimento attivo della persona con disabilità e/o chi ne esercita la tutela. I beneficiari di questi contributi sono solo le persone con disabilità grave (così come previsto dall’art. 3 della Legge 104/92), la cui condizione di disabilità non sia dettata dal naturale invecchiamento o dalla generale condizione di senilità, che siano prive del sostegno familiare (assenza o incapacità di assistenza da parte di entrambi i genitori).

Tra le forme di intervento finanziate si prevedono:

  • Percorsi di accompagnamento per l’uscita dal nucleo familiare e/o per la deistituzionalizzazione
  • Interventi di supporto alla domiciliarità
  • Programmi di sviluppo delle competenze per la gestione della vita quotidiana, di accrescimento della consapevolezza per il raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile.

 

focus di approfondimento 2
LINEE GUIDA SULLA DEISTITUZIONALIZZAZIONE, ANCHE IN CASO DI EMERGENZA

Scopo e processo

A settembre 2022 il Comitato ha emanato, a integrazione del Commento Generale n. 5, le Linee Guida volte a sostenere gli Stati Parti nell’impegno di realizzare progetti di vita indipendente che prevedano una partecipazione attiva delle persone con disabilità nella società. Occorre sottolineare che il documento, che ha visto il coinvolgimento nella sua elaborazione di oltre 500 persone con disabilità, prende avvio dopo la pandemia causata dal COVID-19, situazione che ha fatto emergere e ha amplificato numerosi fenomeni di istituzionalizzazione.

 

Obblighi degli Stati Parti

Il documento sottolinea la non conformità dei processi di istituzionalizzazione rispetto a quanto previsto dalla Convenzione. Nello specifico, le pratiche di istituzionalizzazione rappresentano forme di discriminazione, in aperta contraddizione con l’art. 5; negano la capacità giuridica delle persone interessate, eludendo quanto previsto dall’art. 12; espongono le persone con disabilità a forme di maltrattamenti, torture e interventi medici forzati, violando le disposizioni di cui agli artt. 15, 16, 17, 25.

Agli Stati Parti viene chiesto di abolire ogni forma di istituzionalizzazione, che non deve essere interpretata come forma di protezione delle persone con disabilità o usata per ovviare alla mancanza di servizi e sostegno all’interno della comunità.

 

Elementi chiave dei processi di deistituzionalizzazione

Il documento individua alcuni elementi che caratterizzano le istituzioni, siano esse luoghi di assistenza sociale, case-famiglia, case di cura, istituti psichiatrici, ospedali per lungodegenti o centri di riabilitazione diversi da quelli utilizzati dalle altre persone prive di disabilità. Tali strutture sono da considerarsi come forme di istituzionalizzazione se sono caratterizzate da:

  • forme di assistenza condivisa con altri “degenti”, senza possibilità di scegliere e organizzare chi la eroga
  • assenza di controllo sulle proprie scelte
  • una condizione di isolamento o segregazione
  • presenza di una routine imposta, che non tiene conto dei bisogni individuali
  • un generale approccio paternalistico nell’erogazione dei servizi.

Rispetto al processo di deistituzionalizzazione:

  • dovrebbe essere garantito a tutti ed essere guidato dalle persone con disabilità e non da chi attualmente gestisce o opera gli istituti presenti
  • l’erogazione di fondi, nell’ambito della disabilità, deve avere come priorità il finanziamento di servizi volti a garantire l’autonomia, la partecipazione e forme di sostegno basate sulle scelte individuali delle persone con disabilità
  • qualunque forma di sostegno economico agli Istituti presenti, o di nuova creazione, dovrebbe essere vietata favorendo, al contrario, l’erogazione di risorse volte a garantire alloggi sicuri e adeguati alle persone con disabilità
  • i servizi a supporto dei progetti di vita indipendente devono essere disponibili e accessibili a tutti, oltre che adattabili alle esigenze delle singole persone interessate
  • deve essere accompagnato da un’azione di informazione e sensibilizzazione dell’intera comunità rispetto a quanto previsto dall’art. 19 della Convenzione.

 

Deistituzionalizzazione fondata su un approccio intersezionale

Una persona che è stata collocata in un Istituto potrebbe riscontrare delle difficoltà, anche in ambito decisionale, nella fase iniziale di una vita indipendente. Risulta indispensabile, dunque, forme di sostegno che prevedano innanzitutto la scelta, da parte della persona interessata, del soggetto che eroga assistenza. Il coinvolgimento dei familiari dovrebbe essere permesso solo su esplicito consenso della persona con disabilità; agli stessi va però garantito un adeguato supporto in termini economici e sociali. Il documento richiama il concetto di discriminazione multipla e intersezionale, ribadendo che, così come ogni individuo ha diversi elementi che lo caratterizzano, allo stesso modo, anche le persone con disabilità, oltre all’handicap, hanno peculiarità dettate dall’età, dall’identità di genere, dalla razza, dalla lingua e dalle proprie convinzioni, da cui discende la necessità di una personalizzazione degli interventi.

 

Quadri giuridici e politici abilitanti

Il documento ribadisce che tutta la legislazione vigente, se volta al mantenimento di percorsi di istituzionalizzazione, dovrebbe essere abrogata. Il primo passo importante in questa direzione è dato dal riconoscimento effettivo, per tutte le persone con disabilità, della propria capacità giuridica², del diritto di accesso alla giustizia (con rimedi efficaci contro le istituzionalizzazioni), alla libertà e alla sicurezza della persona, oltre che alla piena applicazione dei principi di uguaglianza e non discriminazione. Occorre effettuare un’analisi volta a fare emergere i servizi esistenti a sostegno di percorsi di vita indipendente e avviare un piano di deistituzionalizzazione strutturato, con scadenze precise e da avviare senza ritardi, utilizzando al meglio le risorse disponibili.

2 La capacità giuridica è l’attitudine di un soggetto di essere titolare di situazioni giuridiche attive e passive. L’art. 1 del Codice civile ci dice che la capacità giuridica si acquista automaticamente con la nascita, quindi, per intenderci, un neonato anche se dovesse morire subito dopo la nascita, acquista la capacità giuridica, e quindi può essere titolare di diritti e quindi trasmetterli anche ai suoi eredi.

 

Servizi, sistemi e reti di supporto alla comunità inclusiva

Le Linee Guida offrono alcuni esempi di elementi indispensabili per il processo di deistituzionalizzazione.

Accanto a questi, occorre prevedere dei servizi effettivi, accessibili e disponibili per tutte le persone con disabilità, organizzati sulla base del modello dei diritti umani, ossia nel pieno rispetto della volontà e delle preferente della persona interessata. Tali servizi devono essere collegati e integrati nella rete di quelli previsti per l’intera comunità, al fine di non amplificare l’isolamento e la segregazione. Occorre anche andare oltre rispetto a quanto già erogato dal sistema sanitario, prevedendo servizi progettati con criteri innovativi e non solo secondo i tradizionali canoni medici. Nella consapevolezza che la povertà economica rappresenta una delle principali cause dell’istituzionalizzazione, si raccomanda che la persona con disabilità venga supportata anche sul piano finanziario, attraverso contributi che garantiscano la sicurezza di un reddito base, con la copertura delle spese sanitarie e di assistenza.

 

Deistituzionalizzazione

L’istituzionalizzazione non può e non deve essere considerata una soluzione percorribile nemmeno in casi di emergenza, sia essa dovuta a calamità naturali, condizioni pandemiche o conflitti. Agli Stati Parti viene chiesto di dare priorità alle persone con disabilità durante queste situazioni, mettendo in atto delle soluzioni che ne garantiscano la tutela ed evitino l’istituzionalizzazione.

 

Rimedi, riparazioni e risarcimenti

Le persone con disabilità che hanno subito processi di istituzionalizzazione devono essere considerate come vittime di forme di violazione multipla dei diritti elencati nella Convenzione. Per tale motivo, gli Stati Parti dovrebbero prevedere percorsi efficaci ed accessibili di accesso alla giustizia per denunciare quanto subito, così come forme di risarcimento automatico e percorsi di riabilitazione volti a favorire l’inserimento nella società delle persone con disabilità interessate.

 

Dati, monitoraggio e cooperazione internazionale

Si raccomanda agli Stati Parti di raccogliere in maniera sistematica tutti i dati relativi agli Istituti e alle persone con disabilità in essi collocati, sottolineando le peculiarità individuali delle stesse, al fine di avviare percorsi mirati per la loro deistituzionalizzazione. Occorre prevedere dei meccanismi trasparenti ed efficaci di monitoraggio dei processi di istituzionalizzazione, con la partecipazione attiva delle persone con disabilità, che prosegua fino alla chiusura definitiva di tutte le strutture che possono essere considerate come Istituti. Il processo di deistituzionalizzazione prevede delle riforme complesse e importanti in molti ambiti. Un impegno ingente, che può essere facilitato dalla cooperazione internazionale.

 

focus di approfondimento 3
TRASFORMAZIONE DEI SERVIZI PER LE PERSONE CON DISABILITÀ - Rapporto del Relatore Speciale Gerard Quinn

A febbraio 2023 è stato pubblicato il rapporto del Relatore Speciale sui diritti delle persone con disabilità, Gerard Quinn, che ricopre questo incarico da ottobre 2020, ha evidenziato nella sua relazione i progressi politico – legislativi compiuti negli ambiti relativi all’occupazione, alla vita indipendente e, più in generale, al rispetto dei diritti umani per le persone con disabilità. Il rapporto non si limita però a una mera analisi sul tema, ma propone una rivisitazione dei servizi attualmente disponibili, attraverso l’attuazione di modelli che siano basati sull’individuo e non sui limiti imposti dalle menomazioni e che vedano le persone con disabilità come protagoniste attive dei propri progetti di vita anziché come destinatarie passive di assistenza.

Sono inoltre state avviate ampie consultazioni regionali in Africa, America Latina, Medio Oriente e Sudafrica.

La parte indubbiamente più innovativa è quella intitolata “reimmaginare i servizi nel ventunesimo secolo”.

  • Quinn evidenzia come l’attuale sistema dei servizi per la disabilità sia basato sul modello medico, che pone l’accento sulla menomazione e sugli interventi di compensazione nei confronti della stessa. In tal senso, le forme di supporto, per come sono state finora concepite, si basano sull’idea di cura, mantenimento e protezione. La Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità rappresenta un cambio di paradigma perché mette al centro la persona e fa dell’autonomia e dell’inclusione sociale i suoi obiettivi e valori di riferimento.
  • Nella parte introduttiva si sottolinea come la necessità di trasformare i servizi sia un requisito fondamentale per garantire alle persone con disabilità di vivere una vita indipendente e partecipare attivamente e in condizioni di uguaglianza con gli altri all’interno della società. L’organizzazione degli stessi varia a seconda delle condizioni sociali, politiche e culturali di un Paese, ma non può prescindere dal coinvolgimento attivo delle persone con disabilità, sia nella fase di progettazione, sia in quella di gestione. Alla base del cambiamento vi è quindi una nuova filosofia dei servizi e del concetto di assistenza, che dovrebbe riuscire a sovvertire le regole politiche e di mercato vigenti, per realizzare una nuova economia sociale, in grado di valorizzare tutte le risorse disponibili nell’ottica di una centralità della persona. Una rivoluzione in tal senso rappresenta la chiave per avviare concreti processi di deistituzionalizzazione.
  • Il rapporto sottolinea come gli Stati abbiano a disposizione molti più strumenti, rispetto al passato, per rimodellare il settore dei servizi. Perché questo avvenga occorre però ridefinire alla base il concetto di pubblico interesse. Uno dei valori cardine che deve guidare il processo di trasformazione è quello dell’autonomia decisionale e della possibilità concreta, per le persone con disabilità, di esercitare il pieno controllo della propria vita, anche in termini di capacità giuridica, così come previsto dall’art. 12 della Convenzione. Strettamente connesso a questo è il discorso legato all’erogazione di budget che, in un’ottica diversa da quella attuale, dovrebbero essere gestiti dalla persona con disabilità per acquistare gli ausili di cui ha bisogno o pagare per l’assistenza necessaria. Un’analisi sul tema economico rileva come spesso i contributi assegnati siano forme a sostegno del reddito; quindi, erogate sotto una certa soglia di capitale, che sottintende, per le persone con disabilità, la scelta di accedere a tali, limitati, ma certi, contributi o optare per la possibilità di trovare un’occupazione lavorativa.
  • Il Relatore rileva inoltre che, secondo un’indagine, in circa l’80% dei casi, le persone con disabilità sono assistite da membri della propria famiglia, ma sono ancora poche le realtà di Stati che hanno riconosciuto giuridicamente la figura dei caregiver familiari e previsto per gli stessi delle forme di protezione sociale.
  • Rispetto al ruolo che le imprese private rivestono nell’erogazione dei servizi, si richiamano i Principi Guida su imprese e diritti umani adottati dal Consiglio dei Diritti Umani nel 2011. Tra questi è previsto che le imprese debbano evitare di violare, nell’esercizio delle proprie attività, i diritti umani. Tuttavia, si registra che tale sensibilità da parte delle aziende non evidenzi grandi progressi nello specifico dei diritti delle persone con disabilità. Indispensabile risulta anche valorizzare la tecnologia e gestire con maggiore razionalità la forza lavoro, remunerando in maniera adeguata i professionisti del settore, al fine di avere personale specializzato e limitare il turnover
  • Nel documento in oggetto si sottolinea come il passaggio a un’economia sociale sia indispensabile, perché la stessa ha in sé tutti i presupposti per conformarsi a quanto sancito dalla Convenzione. Tuttavia, quali che siano le forme di gestione attualmente utilizzate, occorre tenere in considerazione che qualsiasi processo di trasformazione dei servizi prevede scelte politiche delicate e un periodo di transizione. Risulta però indispensabile monitorare i processi e prestare particolare attenzione perché dall’idea di servizi incentrati sulla persona con disabilità, non si arrivi a una sorta di mercificazione dell’individuo in ottica economica.
  • Il documento si chiude con alcune conclusioni che invitano gli Stati ad abbandonare i modelli di servizi basati sui paradigmi medici e sui limiti imposti dalle menomazioni. Si sottolinea l’esigenza di una partecipazione attiva delle persone con disabilità e delle loro associazioni rappresentative a livello di co-gestione delle politiche e la necessità che anche il settore imprenditoriale assuma un ruolo più attivo nella piena realizzazione di una società fondata sul rispetto dei diritti umani. Si chiede di adottare un nuovo lessico che non richiami gli stereotipi legati alla disabilità; di favorire la diffusione di modelli di supporto decisionale assistito e di centri per la vita indipendente; di implementare l’uso delle tecnologie e dell’intelligenza artificiale; e di sostenere le famiglie delle persone con disabilità. Si raccomanda inoltre alle agenzie che erogano fondi per lo sviluppo di monitorare che tali contributi non siano utilizzati per perpetuare forme di servizi tradizionali e non in linea con le disposizioni della Convenzione.
  • In ultimo, il Relatore Speciale rivolge delle specifiche raccomandazioni agli Stati, agli esponenti del settore imprenditoriale, agli enti no-profit, alle organizzazioni di persone con disabilità, alle Nazioni Unite e alla comunità internazionale dei donatori, a conferma dell’idea che la trasformazione e l’attuazione di una nuova filosofia dell’assistenza e dei servizi necessitano della più ampia e proficua collaborazione tra tutte le realtà presenti in una società.

Gerard Quinn ha terminato il suo mandato a ottobre 2023. Al suo posto, nel ruolo di Relatore Speciale è stata nominata Heba Hagrass.

 

focus di approfondimento 4
LEGGE DELEGA N. 227 / 2021 SULLA DISABILITÀ E DECRETI ATTUATIVI

Una novità di rilievo nell’ordinamento interno Italiano, nell’ambito del diritto alla vita indipendente sancito dall’art. 19 della Convenzione, è costituita dalla Legge 22 dicembre 2021, n. 227, che delega al Governo il compito di emanare decreti legislativi attuativi in materia di disabilità entro il termine di 24 mesi a decorrere dalla sua entrata in vigore, il 31 dicembre 2021.

Si tratta di una legge articolata, sintetizzabile negli obiettivi descritti di seguito:

  1. Definizione della condizione di disabilità; revisione e semplificazione della normativa di settore
  2. Accertamento della condizione di disabilità e revisione dei suoi processi valutativi di base
  3. Valutazione multidimensionale della disabilità, realizzazione del progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato
  4. Informatizzazione dei processi valutativi e di archiviazione
  5. Riqualificazione dei servizi pubblici in materia di inclusione e accessibilità
  6. Istituzione di un Garante nazionale delle disabilità
  7. Potenziamento dell'Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

Si registra, ad oggi, l’approvazione da parte del Governo di tre decreti legislativi attuativi

  1. Il Decreto Legislativo 13 dicembre 2023, n. 222 Disposizioni in materia di riqualificazione dei servizi pubblici per l’inclusione e l’accessibilità
  2. Il Decreto Legislativo 5 febbraio 2024, n. 20 Istituzione dell'Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità
  3. Il Decreto Legislativo 3 maggio 2024, n. 62 Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole, della valutazione multidimensionale per l’elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato è stato emanato in attuazione dei punti a) b) c) d) g) della legge delega. Per lo stesso l’entrata in vigore è fissata al 30 giugno 2024, pur con la previsione di disposizioni differite nei mesi successivi e l’avvio di una fase di sperimentazione relativa alla valutazione a decorrere dal 2025. Le dimensioni su cui interviene il decreto sono riassumibili in tre punti:
    • Riforma della definizione di disabilità, della valutazione e del progetto di vita individuale;
    • Determinazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP);
    • Modifiche alla normativa esistente.

Il decreto risulta complesso e articolato; se ne propongono, senza pretesa di esaustività, le principali disposizioni.

A livello di definizioni, tutte le espressioni finora utilizzate in questo ambito vengono sostituite da “persona con disabilità”, mentre i termini relativi alla gravità della condizione di disabilità saranno convertiti dalla dicitura “con necessità di sostegno o sostegno intensivo”. Gli interventi non saranno quindi più disposti sulla base della natura e della consistenza della minorazione, ma in virtù della necessità di sostegno (lieve o medio) o sostegno intensivo (elevato o molto elevato).

È prevista un’unificazione delle procedure di accertamento dell’invalidità, con l’eliminazione delle visite di revisione (salvo in casi specifici) e l’attribuzione di tutte le relative competenze all’INPS, con il superamento delle Commissioni Integrate fino ad ora operanti.

L’individuazione delle prestazioni a favore delle persone con disabilità avviene all’esito della valutazione di base, il cui procedimento prende avvio con la trasmissione all’INPS del certificato medico introduttivo, integrato da tutta la documentazione medica.

 

focus di approfondimento 5
CAREGIVER: opinioni adottate dal Comitato sulla comunicazione n. 51/2018

In data 3 ottobre 2022, il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti delle persone con disabilità, accettando il ricorso presentato da M.S.B., ha condannato l’Italia per il mancato riconoscimento giuridico della figura dei caregiver. Il Comitato ha riscontrato nella situazione descritta dalla ricorrente una violazione dei diritti delle persone con disabilità.

Si tratta di una vicenda importante. Il documento CRPD/C/27/D/51/2018, denominato Opinioni adottate dal Comitato ai sensi dell'art. 5 del Protocollo facoltativo, riguardante la comunicazione N. 51/2018, risulta articolato in tre parti:

  1. Sintesi delle informazioni e degli argomenti presentati dalle parti;
  2. Esame della ricevibilità e del merito da parte del Comitato;
  3. Conclusioni e raccomandazioni.

La prima sezione espone i fatti e, nello specifico, il reclamo presentato dalla ricorrente, le osservazioni dello Stato Parte sull’ammissibilità e sul merito del ricorso e i successivi commenti della ricorrente sulla memoria dello Stato Parte.

La ricorrente, Presidente dell'Associazione CNFDGG Coordinamento famiglie disabili gravi e gravissimi, lamenta una lacuna legislativa nell’ordinamento italiano, che non prevede alcun riconoscimento giuridico, e dunque sostegno sociale, per i caregiver familiari di persone con disabilità. La ricorrente presta assistenza continuativa alla figlia e al partner, entrambi persone con grave disabilità, un compito che le ha impedito di proseguire l’attività lavorativa, perdendo con essa anche ogni forma di sostegno economico, fatto salvo un esiguo assegno riconosciuto alla persona con disabilità, insufficiente anche solo per coprire le spese sostenute per le cure.

  1. Occorre sottolineare che i ricorsi al Comitato sono legittimati se prevedono violazioni delle disposizioni della Convenzione. Il caso in oggetto si presenta dunque come un’anomala eccezione, perché la ricorrente procede in qualità di assistente familiare di persone con disabilità legittimata a procedere, a suo avviso, sulla base dell’esistenza di un legame fondamentale tra lei e le persone con disabilità assistite e la considerazione che il mancato riconoscimento giuridico dei caregiver familiari rappresenta una forma di discriminazione.

Lo Stato italiano ritiene che il reclamo debba essere considerato inammissibile in quanto la ricorrente non ha preventivamente esaurito tutte le vie di ricorso interne, requisito indispensabile per procedere. Nello specifico, la ricorrente, tramite l’Associazione CNGFDGG ha precedentemente intentato una causa contro l’INPS, per richiedere il pagamento delle prestazioni sociali e previdenziali in qualità di caregiver, ma la stessa è stata respinta nel 2014 dai tribunali di Milano e Roma. La ricorrente, dunque, prima di interpellare il Comitato, avrebbe dovuto procedere impugnando tali decisioni.

Per quanto riguarda il merito del reclamo, lo Stato italiano ricorda l’esistenza, nell’ordinamento vigente, di numerose disposizioni di legge a favore sia delle persone con disabilità, sia dei loro familiari. Nello specifico, a livello di permessi lavorativi concessi ai familiari, e dunque ai caregiver, di persone con disabilità, si rammentano i tre giorni mensili; la possibilità di usufruire di un congedo straordinario retribuito di due anni e il congedo parentale di tre anni. Rispetto al sostegno economico, sono invece ricordati il "fondo per la non autosufficienza" e il "fondo per il sostegno del ruolo di cura e assistenza del caregiver familiare".

Si sottolinea come nessuno degli atti legislativi citati offra una sicurezza sociale ai caregiver familiari (a livello di tutela del lavoro, di accesso agli alloggi, di agevolazioni fiscali e di servizi previdenziali), così come nessuno dei contributi elencati risulti sufficiente a coprire le spese di assistenza, che sono in ogni caso destinati solo alla persona con disabilità e non al familiare che la assiste.

  1. La seconda sezione del documento è dedicata all’esame della ricevibilità e del merito del ricorso da parte del Comitato. Dopo una verifica preliminare il problema della ricevibilità presenta un nodo ostico e cruciale da sciogliere ossia, se sia possibile estendere le garanzie previste dalla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità anche ai loro familiari. Il Comitato richiama il senso e i principi della Convenzione, ma sottolinea altresì che per alcune persone con disabilità il pieno ed equo godimento dei diritti non può essere conseguito senza la presenza e la protezione della famiglia, considerata come l’unità fondamentale della società. Pertanto, si esprime favorevolmente sull’ammissibilità del reclamo in oggetto.

Si evidenzia che le misure legislative previste rappresentano misure di supporto generali che, in quanto non individualizzate, risultano essere insufficienti per ovviare ai bisogni del caso in questione. Si sottolinea come l’assenza o l’inadeguatezza di forme di sostegno adeguate a livello finanziario, sociale, di consulenza, di sollievo – assistenza, equivalga di fatto a una lesione dei diritti, ai sensi dell’art. 19 Vita indipendente e inclusione nella società della Convenzione, anche della figlia e del compagno della ricorrente del ricorso.

Nel caso in esame, il Comitato prende atto delle dichiarazioni della ricorrente, di fatto non smentite dalla replica dello Stato Parte, e afferma che, sulla base delle informazioni raccolte, non sono state messe in atto misure volte a favorire l’inclusione e la partecipazione nella comunità locale. L’incapacità riscontrata da Parte dello Stato, nel garantire un sostegno adeguato al diritto alla casa e alla famiglia, deve essere letto come forma di lesione dell’art. 23 Rispetto del domicilio e della famiglia della Convenzione. Il Comitato esprime inoltre preoccupazione per la mancanza di standard minimi di assistenza sociale e per una variabilità regionale nell’erogazione dei servizi, che rappresentano una lesione delle disposizioni di cui all’art. 28 Adeguati livelli di vita e protezione sociale della Convenzione. Si prende inoltre atto di quanto affermato dalla ricorrente relativamente alla discriminazione per associazione di cui è stata vittima in ambito lavorativo, estendendo la portata del suo intervento, si ricorda che il principio di parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro è stato ribadito anche dalla Corte di Giustizia Europea e dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.

  1. il Comitato formula le sue conclusioni e raccomandazioni, sia relativamente al caso in oggetto, sia in termini di adeguamento della normativa vigente:
    • viene disposto che sia garantita alla ricorrente un adeguato risarcimento e l’accesso a adeguati servizi di sostegno individualizzati, al fine di garantire il rispetto dei diritti di cui agli art. 19, 23 e 28 della Convenzione
    • a livello generale, si impone l’obbligo allo Stato interessato di adottare misure adeguate volte a prevenire simili violazioni in futuro, modificando la legislazione nazionale e attivando, all’occorrenza, programmi di protezione sociale che permettano di soddisfare le esigenze delle persone con disabilità ai sensi di quanto disposto dalla Convenzione
    • si raccomanda di attuare misure volte a garantire il diritto a una vita autonoma e indipendente su tutto il territorio nazionale, stanziare fondi adeguati e reindirizzare le risorse al finanziamento di servizi basati sulla comunità anziché a percorsi volti all’istituzionalizzazione delle persone con disabilità.

Successivamente è stata conferita la delega ai Ministri delle Disabilità e del Lavoro e delle Politiche Sociali per predisporre interventi legislativi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico dell'attività di cura non professionale svolta dal caregiver familiare, al fine di delinearne il ruolo all’interno di un sistema integrato di presa in carico della persona con disabilità.

Oltre alla previsione del Fondo per i caregiver familiari, istituito dalla Legge di Bilancio 2018, con risorse ripartite su base regionale, i lavori per la definizione giuridica dei caregiver sono stati avviati a gennaio 2024 con l’istituzione del “Tavolo tecnico per l’analisi e la definizione di elementi utili per una legge statale sui caregiver familiari”.